Un’altra new entry nella giunta Rasero è Riccardo Origlia, il secondo candidato più eletto nella lista del sindaco. Funzionario commerciale, esperto di marketing e di sistemi di sicurezza bancari e industriali, ma con esperienze lavorative nel settore dell’agroalimentare e dell’enogastronomia, Origlia è il nuovo assessore a Turismo, Manifestazioni, Gemellaggi, Unesco, Promozione del territorio, Agricoltura, cibo e vino.
Le sue deleghe sono strategiche e per nulla semplici da gestire. Con una novità, quella per l’Agricoltura, cibo e vino. Come si sente ad aver ottenuto questi compiti?
Mi sento onorato della fiducia che il sindaco ha avuto in me e mi sento a casa. È il contesto nel quale ho maturato esperienze nel corso delle mia carriera professionale e dove ritengo di poter avere le competenze per poter dare alla mia città dei risultati concreti.
Lei intende la città come se fosse un’azienda e quindi sostiene che anche l’approccio gestionale debba ispirarsi a metodi tipici dell’imprenditoria. Ci spiega meglio?
Sì, è così. È un’azienda che crea prodotti e servizi e che deve far conoscere ciò che realizza ed eroga ai propri clienti. Il nostro è un brand a tutti gli effetti che va fatto conoscere. In ambito culturale abbiamo potenzialità enormi, poi in quello enogastronomico dove abbiamo delle eccellenze, ma dobbiamo promuovere altrettanto l’ambito agroalimentare perché questo settore ci garantisce unicità che altrove non ci sono.
Come claim dell’Azienda Comune ha scelto “Continuità innovativa”. In che senso?
Penso all’innovazione, trovando dei nuovi ambiti che ci consentano di poter innovare, in alcuni contesti, la proposta commerciale delle nostre manifestazioni; poi bisogna lavorare sugli eventi attuali, che sono già eccellenti, ma ottimizzandoli per quanto riguarda la loro conformazione; quindi occorre gestire una pianificazione più strategica, il tutto contornato da un leitmotiv: raggiungere il livello qualitativo che ci permetta un salto di qualità rispetto alla “concorrenza”. E qui c’è un tema di formazione molto importante di tutti gli stakeholder del territorio.
La sua idea di zona museale di Asti è quella che vediamo oggi o bisogna fare qualcosa per renderla più fruibile e attrattiva?
È un’eccellenza anche questa, ma è chiaro che il tema della ZTL dovrà essere affrontato per rendere il centro storico più fruibile e adeguato alla ricettività. La città dev’essere viva, accogliente, pulita e sicura in un’ottica di diventare un centro di benessere per il turista in arrivo e per farlo sentire a casa propria.
C’è bisogno di implementare le strutture ricettive in città? Abbiamo necessità di un nuovo grande albergo?
Ad Asti abbiamo la fortuna di avere un contesto ricettivo multilivello, dalle strutture agrituristiche a salire. Questa è la base per il successo del territorio. Il tema delle infrastrutture è uno dei più scottanti, legato al quello dei tanti contenitori vuoti. Credo che nei prossimi cinque anni certe idee potranno finalmente nascere.
Promozione significa investire nella stessa. Come si promuove oggi un territorio?
Penso che avere un Ente turismo unito ad Alba sia il cardine su cui poter comunicare urbi et orbi le nostre iniziative. Una struttura nella quale abbiamo una persona di livello, delegata per Asti, nominata dalla Coldiretti che ci può garantire una presenza e un’attività di un certo tipo. Quell’Ente è strategico per farci conoscere.
Lei ha anche la delega Unesco, un “brand locale” che negli ultimi anni è stato chiamato in causa un po’ ovunque, anche a sproposito. Eppure, avere zone della provincia riconosciute dall’Unesco non sempre è stato accolto come un aspetto positivo e si sono create divisione e “rivalità” tra comuni. È così difficile fare squadra?
Non c’è dubbio che il campanilismo sia il male d’Italia. Se Asti diventasse una locomotiva per un territorio più vasto si appiattirebbero queste piccole beghe da cortile.
Asti è capitale dell’Astesana, del Monferrato o di entrambi? Si parla molto di identità, ma alla fine il logo che emerge è quello di Langhe, Monferrato e Roero. C’è un problema?
Sono un pragmatico e Asti dev’essere il traino di un territorio. Direi che, così facendo, le distinzioni di visione partigiana diventerebbero di secondo livello.