Si è tenuto al polo universitario di Astiss una tavola rotonda, intitolata “Dal sogno alla realtà”, sul superamento del campo rom di via Guerra. Per decenni la baraccopoli è stata al centro delle cronache per l’emergenza rifiuti, il degrado ambientale e sociale, le retate delle forze dell’ordine, gli incendi di rame e le nubi tossiche che obbligavano i cittadini a chiudere le finestre di casa, in piena estate, per non respirare sostanze nocive. Ma soprattutto, la baraccopoli, è stata terra di un degrado umano per chi è nato e cresciuto nell’area, pensando che non ci fosse un’altra vita.
Invece, durante la tavola rotonda, è stata raccontata una storia di approccio metodologico al problema dove, al posto dei metodi coercitivi e alla mera repressione, si è lasciato spazio alle relazioni umane, al dialogo e a progetti mirati volti a trasferire le famiglie della baraccopoli in case popolari (seguendo l’iter ordinario delle graduatorie di accesso agli alloggi, senza scorciatoie), in abitazioni di proprietà o terreni agricoli, sempre di proprietà, nei quali soggiornare, in via temporanea, fino a una sistemazione definitiva.
Il sindaco Maurizio Rasero ha sottolineato come il superamento del campo fosse una priorità del suo programma elettorale fin dal 2017. «Nel non dire che il risultato sia tutto merito nostro, dico che era nel programma, ma l’obiettivo è stato raggiunto con un grande impegno, non solo dal punto di vista lavorativo, degli uffici dei servizi sociali, dei lavori pubblici e della polizia municipale. È cambiato il paradigma, – ha aggiunto Rasero – superare il campo rom non significava più usare la ruspa, perché nessuno qui si è mai permesso di parlare di ruspe. L’idea era di trattare le 250 persone presenti, in 50 nuclei familiari, come cittadini astigiani e non come oggetti da spostare».
Rasero replica al video del deputato Coppo: «Faceva più bella figura a citare che l’assessore ai Servizi Sociali e del suo partito»
Rasero, incalzato dal moderatore e giornalista Paolo Viarengo, ha risposto anche a quanto mostrato dal deputato Marcello Coppo (Fratelli d’Italia) che in un recente video sui social si è fatto riprendere nell’ex campo rom di via Guerra, mentre “spegne l’interruttore della corrente”, spiegando che «era una promessa che avevo fatto».
«Marcello Coppo è stato mio vicesindaco nel Rasero 1, ha iniziato un percorso e si è occupato di alcune fattispecie, come andare a non far pagare più agli altri astigiani i costi di luce e dell’acqua del campo rom. Costi incredibili. Poi ci sono state evoluzioni, – ha dichiarato Rasero – ma in questa circostanza Marcello faceva forse più bella figura a citare che l’assessore ai Servizi Sociali è del suo partito (Eleonora Zollo ndr) e che quindi Fratelli d’Italia ha contribuito al risultato, insieme a tutti gli altri, piuttosto che la scena di spegnere la luce. Marcello ha fatto la sua parte, in alcuni momenti ha dato una mano all’amministrazione per fare delle cose, ma non può permettersi di tirare giù la luce perché a casa mia la luce la spengo io e, in questo caso, non l’ha spenta neanche il sindaco, ma l’hanno spenta centinaia di mani che per fare un bel lavoro l’hanno tirata giù tutti insieme: non un singolo».
La paura collettiva e la necessità del nemico
Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, promotore del progetto di superamento, ha offerto una riflessione sociologica sulla funzione storica dei campi nomadi. «Abbiamo inventato i campi nomadi simili a istituti psichiatrici, alla giusta distanza, come i manicomi. E come i manicomi, anche i campi nomadi – ha osservato – sono tutti uguali: stessa struttura, spazzatura e odore. Anche ad Asti sono nati e sopravvissuti arcipelaghi di discariche in cui sono stati accatasti surplus di umanità, rifiuti umani. La baraccopoli di via Guerra è stata a lungo il nemico contro il quale riversare odio, disprezzo sociale, dove trovare le cause di molti problemi».
La responsabile del progetto per conto dei Servizi Sociali del Comune, Cristina Gai, ha spiegato che il superamento è stato possibile grazie a un «lavoro di relazione e un grande metodo costruito da un’intera équipe; l’approccio ha richiesto un cambio di prospettiva per gli operatori, cercando la bellezza nelle persone, in particolare nelle donne e nella loro solidarietà». Un lavoro certosino, sulle persone, senza preclusioni, senza strade già tracciate a priori, ma con la voglia di un cambiamento rimarcato da una delle ex abitanti del campo, Maria, 31 anni, madre di tre bambini che aveva un sogno: «Poter crescere i miei figli dentro una casa perché all’interno del campo rom non c’è futuro». Un. percorso non semplice, ma riuscito grazie alla volontà di queste persone. Una volontà rimarcata dall’operatore sociale Stefano Contento.
Il superamento c’è stato, senza scossoni, senza bisogno di blindare via Guerra con le forse dell’ordine in assetto antisommossa. «Le forze dell’ordine, in questo superamento, “non hanno lavorato” – ha riassunto in un battuta il questore Marina Di Donato per spiegare che non c’è stato bisogno di usare la forza e la coercizione – In realtà, prima, c’è stato un lungo lavoro di squadra, con un obiettivo chiaro, condiviso e coerente. Un lavoro – ha rimarcato il questore – portato avanti nei comitati per l’ordine e la sicurezza in Prefettura, in tavoli tecnici in questura, affinché tutto si svolgesse, come avvenuto, in modo fluido, da manuale, creando un metodo che possa fare scuola rispetto ad altri fenomeni sociali».
Dello stesso parere è stato il comandante della polizia municipale Riccardo Saracco che ha evidenziato l’importante lavoro di relazioni sociali, monitoraggio e attenzione verso il campo rom effettuato, per oltre trent’anni, dagli agenti e in particolare dal commissario Tiziana Bianco. Lavoro riassunto nelle evocative foto, esposte in sala, dall’agente Riccardo Basso. «Mi preme aggiungere – ha detto il comandante – che la stragrande maggioranza dei residenti nel campo rom erano e sono cittadini astigiani e che l’aumento della popolazione è stato provocato da dinamiche demografiche endogene, non dall’arrivo di chissà quali estranei che si sono accampati nell’area». Il commissario Bianco, che i rom hanno sempre chiamato “Cinzia”, ha confermato che essere un punto di riferimento per le famiglie del campo è servito per affrontare criticità, momenti brutti, ma anche belli partendo sempre dal rispetto dei ruoli indispensabile in un contesto come lo era la baraccopoli di via Guerra.
Il dirigente dei Servizi Sociali Roberto Giolito ha quindi illustrato come la battaglia più importante si svolga ora, nella fase successiva alla ricollocazione. «L’obiettivo principale è evitare la dispersione scolastica e garantire l’inserimento delle famiglie nei nuovi contesti abitativi – ha spiegato – Questo potrà essere fatto anche grazie al bando da 1,7 milioni di euro vinto dal Comune che permetterà di lavorare fino al 2027 per supportare le famiglie, con un focus particolare sull’inclusione scolastica dei bambini». Inclusione scolastica che riguarda anche gli adulti, grazie al Cpia di Asti il cui dirigente, Davide Bosso, ha condiviso i risultati ottenuti fino a oggi: «Il numero di studenti rom è in crescita, con età dai 16 ai 35 anni, ma l’obiettivo – ha detto – è quello di coinvolgere persone anche di età superiore. La scuola si pone come presidio accogliente, dove cadono le barriere, e questo è chiaramente percepito».
Un contributo alla tavola rotonda è stato anche dato dai consiglieri comunali Vittoria Briccarello (Uniti si può) e Michele Miravalle (Pd). Briccarello ha riconosciuto che il lavoro dei politici inizia ora con il dovere di abbattere «stigmi e pregiudizi», affrontando la gestione del «disagio sociale e abitativo» grazie all’uso di fondi, come quello per la povertà, «affinché i tecnici e gli operatori abbiano una maggiore flessibilità e creatività nell’utilizzo delle risorse per trovare soluzioni». Poi ha lanciato un appello a tutti i soggetti, in primis politici e organi di informazione, «a non permettersi uscite scomposte dopo la chiusura del campo, per non mettere in pericolo i risultati ottenuti le persone che non vivono più nel campo».
Michele Miravalle ha riconosciuto che il Comune ha lavorato bene, ma ritiene limitante «parlare di maggioranza e opposizione in questo contesto». Ha attribuito il successo del superamento alla capacità della città di «resistere a due tentazioni: il decisionismo autosufficiente (affidandosi invece a esperti che hanno tracciato la via ndr) e l’attrazione della “ruspa”. Quest’ultima è la tentazione di credere che esistano soluzioni facili e veloci a problemi complessi». Poi ha aggiunto: «Ora l’obiettivo è evitare che il superamento del campo si trasformi in una “diffusione dei campi”».
[foto Billi]