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Imerito Gianfranco
Attualità
Il caso

Il vicepresidente di Asti Musei: «Dopo Jesolo non c’erano spazi adatti alle mummie»

Da assessore alla Cultura fu tra i primi a rilanciare i reperti archeologici dell’Antico Egitto conservati ad Asti

Entrata a far parte del Civico Museo Generale, poi Museo Archeologico, nel 1903 grazie all’ultimo mecenate di Asti, il conte Leonetto Ottolenghi, La Signora delle Ninfee è tornata a far parlare di sé dopo un nostro articolo dove abbiamo evidenziato che, oggi, la mummia si trova a piano terra del municipio, nell’ex ufficio del Protocollo, insieme a una seconda mummia, quella resa celebre dall’Ankhpakhered Mummy Project e ad altri reperti egizi. Conosciuta come la mummia di Asti, La Signora delle Ninfee è diventata famosa una decina di anni fa a seguito di varie indagini volte a capire a chi appartenesse il corpo. Vissuta circa 3000 anni fa, è arrivata ad Asti in un momento storico di grande interesse per l’Egitto: erano gli anni di Ernesto Schiaparelli che in una lettera del 1915 ne certifica l’autenticità e poco dopo, nel 1922, si rinviene la tomba di Tutankhamon la più importante scoperta archeologica degli ultimi secoli. Fino ad oggi quando, nella piramide di Giza, è stato accertato un nuovo cunicolo che potrebbe portare nella camera sepolcrale del faraone Cheope.

Ma perché, se l’Antico Egitto galvanizza ancora mezzo mondo, Asti non ha potuto fare di meglio che prendere le sue antichità egizie e chiuderle in alcune casse nascoste alla vista di tutti? In molti se lo stanno chiedendo criticando la scelta di sigillare i reperti fino a metà del 2024 quando dovrebbe essere completata l’area archeologica del Museo Lapidario. Anche la Fondazione Asti Musei, chiamata in causa dal gruppo consiliare Uniti si può, non ha potuto offrire ospitalità alle due mummie nonostante La Signora delle Ninfee sia stata il pezzo forte della mostra «Egitto, Dei, Faraoni, Uomini» allestita nel 2018 a Jesolo. Oggi il vicepresidente di Asti Musei è l’ex assessore alla Cultura Gianfranco Imerito tra i primi a credere nelle potenzialità culturali e turistiche delle “nostre mummie” e che appoggiò la riscoperta della collezione partendo proprio dal raro sarcofago. Imerito, appassionato di storia, è consapevole che l’ex ufficio del Protocollo sia un luogo poco adeguato all’importanza dei beni, «ma purtroppo l’unico possibile quando si è dovuto decidere dove conservarli in attesa dei nuovo Museo Archeologico». «Sono stato in Egitto quattro volte e presto ci tornerò – racconta – Ad Asti abbiamo tre sarcofagi di cui due pieni: uno è probabilmente falso, quello di Ankhpakhered perché non è lui quello conservato al suo interno, e uno vero, quello della Signora delle Ninfee. Quest’ultima mummia è molto delicata, si è deteriorata come il sarcofago a causa del fango che aveva rovinato anche le decorazioni. Poi abbiamo vasi canopi, amuleti e altri reperti. Per Asti va bene, ma per allestire una bella mostra bisogna farla insieme al Museo Egizio».

Imerito ricorda che dopo la chiusura per lavori del Battistero di San Pietro, ultima dimora dei reperti egizi dopo Jesolo, non sono stati trovati spazi adeguati a riallestire la collezione. «Avrei voluto mostrarla già di ritorno da Jesolo, – spiega – ma il Battistero non era adatto e Palazzo Mazzetti, a mio avviso, non ha spazi per ambientare bene una mostra di quel tipo. Va bene per i vetri, è ottimo per i quadri, ma non per i reperti egizi. Lo spazio ideale sarebbe stato Palazzo Ottolenghi, ma sarebbe stato interessato, e lo è ancora, dal cantiere di “Vino e Cultura”. Lì, negli spazi fronte corso Alfieri, si sarebbe potuta fare, ma occorreva un arricchimento dei reperti in mostra e il palazzo non dispone di adeguati impianti di deumidificazione e ricircolo dell’aria. Per allestire qualcosa che sia ben fruibile bisogna avere spazi adatti».

Anche Asti Musei non ha potuto accogliere la mummia perché, di ritorno da Jesolo, la Fondazione stava ancora nascendo e non c’erano le idee chiare sulla futura gestione museale. «La manica del futuro Museo Archeologico al Lapidario dovrebbe essere fruibile a metà del prossimo anno. – continua Imerito – Io sono arrivato ad Asti Musei a metà novembre, ma mi impegno a valutare con la Fondazione se si riesca a trovare una collocazione migliore, temporanea, prima dell’allestimento definitivo. Però oggi le mummie sono ben sorvegliate e in progetto c’è sicuramente l’intenzione di organizzare una grande mostra». Prima ancora, come conferma Imerito, sarà necessario «immaginare una narrazione, una storia delle mummie ad Asti, per la promozione della collezione che dovrà avere un allestimento permanente e un altro temporaneo concordato con il Museo Egizio di Torino. Qualcosa come – spiega – “anche Asti visse la febbre dell’Egitto con il suo ultimo mecenate, Ottolenghi”. Questa manica sarà una new entry e ci permetterà di avere uno spazio per portare in città altri reperti, magari sarcofagi, vasi canopi, statuine, barche di legno, etc. esponendoli a rotazione in un contesto adeguato Diventerà un fiore all’occhiello».

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