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Dibattito

Incisa: la petizione contro il Bess ha superato le 1000 firme

Presentata in Comune: «Contrari all’impianto di batterie in zona Unesco»

Ha generato dibattito la notizia della possibile creazione di un impianto Bess giusto sotto la tenuta Olim Bauda, nella zona industriale di Incisa Scapaccino. La possibile creazione dell’impianto ha scosso l’opinione cittadina, complice anche la petizione organizzata dalla capogruppo alla minoranza di Incisa Emanuela Tornato e da Diana Bertolino, della cantina omonima, che possiede la tenuta. La petizione è stata presentata in Comune, dopo il raggiungimento delle 1111 firme. L’obbiettivo è infatti quello di opporsi all’installazione di impianti Bess nelle zone “buffer zone” e “core zone” a tutela del territorio in cui vi sono vigneti impiantati a Dogc.

«Inoltre chiediamo di garantire una valutazione ambientale rigorosa a tutela della salute pubblica – dichiarano Tornato e Bertolino – impedendo l’inquinamento acustico, visivo, ambientale, elettromagnetico ed eventuali rischi legati ad incendi ed esplosioni, in zone a ridosso di abitazioni (in questo caso specifico a 40 metri, ndr) e di aziende in cui la presenza del personale è costante». Un augurio finale è quello di «sperare che si possa aprire un sereno dialogo con la società di privati che ha presentato il progetto e che gli Enti preposti alla valutazione si adoperino alla difesa del territorio, della salute e sicurezza pubblica» concludono le rappresentanti. Da Genova, sede dell’impresa che vorrebbe costruire l’impianto, ancora tutto tace.

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Una risposta

  1. Che la transizione energetica sia necessaria oltre che doverosa è innegabile solo che le modalità dovrebbero essere diverse. A Fauglia, dove abito, ne sono previsti più di 200 di questi container e il quadro della situazione è analogo agli impianti che si vogliono realizzare qui, a Ostiglia, Forlì e in altre decine di siti sparsi in tutta la penisola: piccole società di facciata con 10 mila euro di capitale sociale ma con dietro colossi finanziari, nessuna garanzia fidejussoria per la fine vita degli impianti (il costo di smaltimento di queste batterie ammonta a circa 280 mila euro a container e la durata è tra i 10 e i 15 anni) e lo stesso in caso di incidente rilevante (incendio, bonifiche, ecc.). Mi sa tanto di operazione speculativa dove i costi, sociali, economici e paesaggistici, cadranno alla fine sulla comunità, alla faccia dei decantati risparmi in bolletta.

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