Nella Giornata della Memoria, la storia di due famiglie, una di Loazzolo e l’altra di Cessole, le famiglie Tedeschi e Luzzati, e dei loro salvatori di Loazzolo
«Chi salva una vita è come se salvasse il mondo intero». Così si legge nelle pagine del Talmud, uno dei libri sacri della religione ebraica e così è avvenuto anche in questa parte di Piemonte dove grazie al coraggio di due famiglie, una di Loazzolo e l’altra di Cessole, le famiglie Tedeschi e Luzzati di Genova sono potute arrivare alla quinta generazione. Un miracolo se si considera che i nonni e i bisnonni hanno dovuto affrontare le umiliazioni delle leggi razziali e i pericoli dei rastrellamenti nazi-fascisti finalizzati alla deportazione verso i campi di sterminio in Germania. A salvare questi ebrei liguri con radici astigiane furono Domenico e Luigia Brandone di Loazzolo e la loro figlia maggiore Virginia con il marito Emilio Ambrostolo di Cessole.
A ricordare quegli eventi passati è oggi Teresa Brandone che all’epoca aveva solo 15 anni e che viveva nella casa paterna. «Ricordo come se fosse ieri la notte in cui arrivò la famiglia Tedeschi a casa nostra. Era una sera di novembre del 1943. Era buio, faceva freddo e provammo tanta compassione per quei quattro fagotti tremolanti e spaventati, seduti su un carro con le loro poche cose». Imbacuccati sotto alcune coperte c’erano infatti il patriarca, il dottor Ettore Tedeschi, professore di medicina con il figlio Vittorio, avvocato, sua moglie Bianca Luzzati, maestra, e la piccola Delia di 3 anni. Come questa famiglia ebrea genovese trovò rifugio proprio in Val Bormida è presto spiegato. La famiglia di Bianca Luzzati possedeva diverse proprietà nell’Astigiano, tra cui alcuni terreni a Calosso.
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Lucia Pignari