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La Fondazione CrAsti pensa di dismettere quote della Banca di Asti. Come cambieranno i criteri di erogazione dei contributi

Il presidente Negro: “Il Mef ci impone di investire al massimo il 30% in un solo asset: oggi nella Banca di Asti abbiamo impegnato l’80%”

La Fondazione Cassa di risparmio di Asti dismetterà quote della Banca di Asti: soprattutto perché glielo prescrive il Mef che impone che le Fondazioni bancarie non abbiano più del 30% del loro capitale investito in un solo asset, ma anche perché “dobbiamo cercare investimenti più redditizi”. Lo ha annunciato il presidente della Fondazione Livio Negro, nell’incontro ospitato ad Astiss, davanti a una folta platea di amministratori comunali e rappresentanti di associazioni.

Incontro organizzato soprattutto per spiegare come la Fondazione ha finora erogato i suoi contributi e come invece intende farlo da oggi in avanti. Riunione aperta dal sindaco di Asti e presidente della Provincia Maurizio Rasero: “Senza la Fondazione in questi 20 anni molte cose non si sarebbero potute fare, ma i tempi cambiano e bisogna fare delle scelte. I soldi non sono infiniti, 10 anni fa la Fondazione erogava 4 – 5 milioni di euro oggi siamo a poco più di 2. Bisogna fare un ragionamento su come fare per massimizzare le risorse”.

E’ toccato a Livio Negro, col supporto di slide, spiegare come è cambiata nel tempo l’erogazione di contributi e soprattutto la sua natura. “In dieci anni, dal 2014 al 2024, la Fondazione ha erogato 43,5 milioni di euro – ha detto – Astiss e Asti Musei, i due enti strumentali della Fondazione, hanno assorbito la maggior parte delle risorse”. Poi è entrato nel dettaglio: nel 2024 su 235 progetti presentati, ne sono stati accolti 170; di questi 127 hanno ricevuto contributi tra i 1500 e i 5 mila euro: “con questo tipo di contributi non è possibile nessun ragionamento a lungo termine, non si aiuta il territorio a crescere – ha commentato Negro – Noi vogliamo fare rete con voi, ma distribuendo tanti 1500 euro non si costruisce nulla”.

La richiesta della Fondazione, che segue anche le direttive dell’Acri, l’Associazione in cui confluiscono 106 Fondazioni bancarie, è di presentare progetti almeno triennali, presentati da più soggetti congiuntamente che partecipino con un cofinanziamento “anche minimo”; alla Fondazione spetterà poi il compito di “valutare l’impatto del progetto sul territorio”.

Il problema però è la capacità di erogazione: attualmente la Fondazione ricava i proventi da redistribuire dagli investimenti nella Banca di Asti (per l’80% pari a oltre 22 milioni di azioni che valgono il 31,8% del capitale della Banca), in Cassa depositi e prestiti e in Ream. “La questione è quanto rende questo investimento – ha detto Negro – In passato avevano deciso così, e sicuramente era stato deciso correttamente. Ma oggi quella decisione è ancora valida? Intanto il Ministero ci dice che non possiamo mettere l’80% del nostro investimento in un unico asset; poi se confrontiamo i nostri investimenti con quelli fatti ad esempio dalla Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo in Intesa Sanpaolo, vediamo che i loro rendimenti sono il triplo dei nostri. Dobbiamo chiederci, se vogliamo avere più risorse da investire sul territorio, se non dobbiamo diversificare anche noi i nostri investimenti”.

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