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La maestra in tribunale:«Il Ministero riconosca il diploma»
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La maestra in tribunale:
«Il Ministero riconosca il diploma»

Ha deciso di portare avanti la sua battaglia contro il Ministero dell’Istruzione nelle aule del Tribunale di Asti.  Parliamo di una insegnante di scuola materna ed elementare astigiana che il

Ha deciso di portare avanti la sua battaglia contro il Ministero dell’Istruzione nelle aule del Tribunale di Asti.  
Parliamo di una insegnante di scuola materna ed elementare astigiana che il prossimo 28 ottobre si presenterà davanti al Giudice del lavoro per la prima udienza affiancata dall’avvocato Patrizia Gorgo dell’associazione professionale sindacale Anief.

«Ho preso questa decisione – spiega la docente, che preferisce rimanere anonima – perché, come molti altri colleghi in Italia, ritengo di aver subito un’ingiustizia. Io ho lavorato per alcuni anni come educatrice, per poi passare all’insegnamento svolgendo supplenze temporanee in diverse scuole. Ora rischio di perdere anche questa possibilità, ancorché di lavoro precario. Infatti, dopo che nel 2014 il Ministero dell’Istruzione aveva finalmente riconosciuto come abilitante il diploma magistrale conseguito entro l’anno 2001/2002, ora la legge cosiddetta “Buona scuola” fa un passo indietro. Dal prossimo anno scolastico, infatti, io e molti altri colleghi nella mia stessa posizione rischiamo di poter ottenere una cattedra solo tramite concorso perché il nostro titolo di studio non sarà più riconosciuto come abilitante. E, di conseguenza, non potremo più accedere alle Graduatorie ad esaurimento, con l’impossibilità di ricevere supplenze più stabili».

Da qui la mobilitazione di numerosi docenti in tutta Italia. «Molti stanno facendo ricorso tramite i sindacati – continua – per vedere riconosciuto un diritto, in quanto non è possibile che la costruzione di una carriera venga demandata alla fortuna o alla legge di turno. In alcune province hanno anche ottenuto l’inserimento, in altre lo hanno ottenuto con riserva, per cui il panorama è piuttosto frastagliato. L’obiettivo è quello di far riconoscere il diritto per tutti i colleghi che si trovano in questa stessa situazione, soprattutto per coloro che da tanti anni svolgono il lavoro precario e non hanno potuto aderire al Piano di assunzione della “Buona scuola” perché impossibilitati a fare le valigie e partire per andare ad insegnare in un’altra città».

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