Un fenomeno trasversale, che attraversa tutte le classi sociali e non conosce età né confini. È così che il Questore della Provincia di Asti ha definito la violenza di genere, intervenendo questa mattina alla Fondazione Goria durante la conferenza di presentazione dei risultati di un progetto di prevenzione condotto nelle scuole superiori astigiane.
Un lavoro di rete — tra la Questura di Asti, l’Ufficio Scolastico Provinciale e il Centro Antiviolenza “L’Orecchio di Venere” CRI di Asti— nato con l’obiettivo di capire quanto i ragazzi conoscano la rete dei servizi territoriali e quanto siano consapevoli del fenomeno della violenza contro le donne.
“Prevenire è fondamentale – ha ricordato il Questore – perché in gioco c’è la vita delle persone e delle famiglie. Reprimere non basta: serve conoscenza, serve cultura, serve sradicare il patriarcato che ancora alimenta troppi comportamenti di sopraffazione”. Un richiamo forte alla fiducia nelle istituzioni, che non può prescindere da un’alleanza educativa: “Bisogna imparare a non girarsi dall’altra parte”, ha aggiunto, ricordando anche i numeri utili per chiedere aiuto: 112 per le emergenze e 1522 per la richiesta di informazioni o supporto. Tra gli strumenti già attivi figurano il Codice Rosa negli ospedali: il gratuito patrocinio di un avvocato, la copertura di un anno del pagamento ticket ospedalieri per le vittime, il supporto psicologico e un servizio in Questura che offre uno spazio di ascolto sicuro e riservato.
La Dottoressa Laura Bergonzi, dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, ha sottolineato come la scuola giochi un ruolo centrale nella formazione di cittadini consapevoli e sereni, capaci di riconoscere e rifiutare ogni forma di violenza. “Solo chi non subisce e non mette in atto episodi di prevaricazione può dirsi davvero libero” ha detto, ribadendo la priorità della prevenzione rispetto al contrasto.
A portare la voce dell’accoglienza è stata Elisa Chechile, responsabile del Centro Antiviolenza “L’Orecchio di Venere”, realtà attiva sul territorio da sedici anni. “La rete antiviolenza è il cuore dell’accoglienza – ha spiegato – composta da Forze dell’Ordine, ASL, Comune e Centri specializzati. La violenza si nutre di tempo: per questo la risposta deve essere immediata e competente”. Chechile ha invitato tutti a diventare “sentinelle” di prossimità, capaci di cogliere i segnali e di offrire ascolto in spazi protetti: “L’ascolto deve essere sartoriale, privato, riservato”.
La parte più attesa della mattinata è stata la presentazione dei dati del sondaggio, illustrati da Patrizia Oneglia, operatrice volontaria della Croce Rossa e dell’Orecchio di Venere.
Il monitoraggio ha coinvolto gli studenti delle classi quinte degli Istituti scolastici di Asti e provincia, coinvolgendo 18 scuole, di cui 15 statali e 3 paritarie. 13 sono state le scuole coinvolte sul territorio astigiano e 5 quelle della provincia per un totale di 1405 alunni, di cui ne sono state restituite compilate 854. I risultati parlano chiaro: solo 275 alunni su 844 dichiarano di conoscere la rete antiviolenza, e appena 10 hanno avuto contatti diretti con essa. Tuttavia, 80 studenti conoscono qualcuno che ne ha avuto bisogno, segno che il fenomeno è presente ma non ancora compreso fino in fondo. Quanto ai tipi di violenza, le più conosciute sono quella fisica (694 risposte) e psicologica (628). Nessuno, però, ha saputo identificare la violenza assistita, che coinvolge i minori testimoni di maltrattamenti. Dati allarmanti anche sul fronte dell’esperienza diretta: 149 studenti hanno dichiarato di aver subito o assistito ad atti di violenza. Solo 4 hanno denunciato o contattato le forze dell’ordine, mentre 47 non hanno fatto nulla.
Da questo sondaggio emerge che i giovani in difficoltà, in situazioni di violenza hanno paura o non sanno come fare ad affrontare la situazione. Molti hanno richiesto l’intervento delle Forze dell’Ordine ma pochi conoscono la Rete Antiviolenza Provinciale. La maggioranza ritiene che serva più educazione, e che la sensibilizzazione debba partire dalle scuole di ogni ordine e grado.
“I giovani – ha concluso Oneglia – hanno paura ad affrontare l’argomento, e non hanno ancora chiara la collaborazione tra i diversi enti della rete. È qui che dobbiamo lavorare: nella conoscenza, nell’ascolto, nella fiducia reciproca”.
Un messaggio che la conferenza di oggi ha reso evidente: la lotta alla violenza di genere non è solo questione di leggi o di emergenze, ma di educazione, cultura e comunità.
Foto di Maria Grazia Billi
 
				 
				 
													 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
													 
								 
								 
								