Se dovessi dire quello che, nonostante la storia che può vantare, è il monumento astigiano meno conosciuto e valorizzato, il primato a mio avviso spetterebbe senz’altro all’affascinate “Complesso Monumentale di San Pietro in Consavia”. Un articolato palinsesto architettonico generato nel XII sec. dall’edificazione della “Rotonda” del Santo Sepolcro, chiamata familiarmente dagli Astigiani “Battistero di San Pietro”, ma che in realtà, sebbene possa ricordare nelle forme un antico battistero, non lo è. La Rotonda, ad essere precisi, assunse la funzione di Battistero seicento anni più tardi, nel 1741, per cui, nel corso del XIX secolo, prevalse questa fuorviante denominazione.
Le “Rotonde”, com’è noto, imitavano l’exemplum dell’Anastasis, il grandioso complesso costantiniano di Gerusalemme contenente il Santo Sepolcro, dunque un monumento evocativo della passione, morte e risurrezione di Cristo, il luogo più importante per la cristianità. Tra le numerose copie del monumento gerosolimitano ancora esistenti in Occidente, come gli studi hanno ampiamente sottolineato, anche la struttura della “Rotonda” astigiana palesa compiutamente uno stretto legame con l’Anastasis, ispirandosi al modello d’Outremer dell’edificio ricostruito nel 1048 dall’imperatore Costantino IX Monomaco.
Allargando ad un contesto più ampio, il monumento astigiano si inserisce in una considerevole quantità ed in una molteplice varietà tipologica di strutture architettoniche gerosolimitane, distribuite senza soluzione di continuità presso tutte le vie di pellegrinaggio occidentali e, per fare un esempio, un pellegrino d’Oltralpe che attraversava l’Italia nel XII secolo, poteva incontrare lungo tutta la Via Francigena imitazioni, più o meno fedeli, all’archetipo della rotonda del S. Sepolcro in Piemonte, come in Puglia. Il fenomeno delle repliche dei luoghi sacri conobbe il suo momento più florido durante il periodo crociato, un contesto favorevole che alimentò le imitationes architettoniche della basilica del S. Sepolcro, che si moltiplicarono in Europa in modo esponenziale tra il 1099 e la caduta di Hattin del 1187.
Anche la chiesa del S. Sepolcro di Asti può essere inserita all’interno del fenomeno fiorito durante il movimento crociato delle “imitazioni” di luoghi devozionali ispirati alla tradizione gerosolimitana. La costruzione sarebbe da mettere in relazione con il vescovo astese di origine lombarda Landolfo da Vergiate – al governo della diocesi negli anni 1103-1132 circa – che partecipò alla Prima Crociata. Landolfo, nel 1100, seguì in Terra Santa l’arcivescovo di Milano Anselmo IV da Bovisio per una spedizione militare ordinata da Papa Urbano II con l’obbiettivo ambizioso di conquistare Baghdad. La spedizione si rivelò un disastroso fallimento militare, ma tra i fortunati reduci che riusciranno a far ritorno nelle terre lombarde vi era Landolfo.
Divenuto vescovo di Asti, Landolfo, probabilmente in considerazione della sua avventura crociata, sentì la necessità di promuovere la costruzione di un luogo che favorisse la preghiera dell’Anastasis e concentrò il suo operato sia per sviluppare il culto del S. Sepolcro di Gerusalemme, che nell’accoglienza in città degli Ordini Ospitalieri. Questo fece sì che nel corso del XII sec. vennero ad insediarsi ad Asti gli ordini ospedalieri monastico-militari più importanti nati in Terra Santa all’indomani della conquista crociata: i Gerosolimitani, i Templari, i Cavalieri del Santo Sepolcro e i Betlemitani. Tuttavia, la presenza in città più significativa di questi monaci-cavalieri fu senza dubbio quella dei Giovanniti, la cui presenza in Asti si legò alla costruzione in città di una chiesa dedicata al Santo Sepolcro, la Rotonda, edificata secondo il modello gerosolimitano. Un edificio promosso molto probabilmente dallo stesso vescovo Landolfo e realizzato tra il 1110 e il 1130.
La chiesa, sorta all’estremità del borgo di Santa Maria Nuova, al margine orientale della città lungo il tracciato della strada maestra, l’antica strada consolare Fulvia, un ramo della via “franchigena”, diverrà in seguito sede di un ospedale che assisteva i pellegrini e verrà da subito affidata ai cavalieri di San Giovanni, presenti in città almeno dal 1113, che ne entrarono definitivamente in possesso nel 1169. Al 1169 risale appunto la prima attestazione certa dell’esistenza in Asti di una domus ospitaliera dei Gerosolimitani ed il documento cita la querelle sorta tra il presule astese e l’Ordine Giovannita a riguardo proprio del possesso della Rotonda, la chiesa dedicata al S. Sepolcro, sita in suburbio Ast.
Con il possesso della chiesa del S. Sepolcro e dei beni dipendenti, i Giovanniti ebbero modo, nel giro di un trentennio, di garantirsi solide strutture organizzative e di essere eretti in precettoria. Nel tempo tuttavia il complesso acquisì sempre maggiore importanza tanto che, a dimostrazione di quanto fosse importante la sede astigiana, a partire dal XV secolo, Asti si consolidò per circa quattro secoli come sede fissa del Priorato di Lombardia, uno dei sette priorati dell’Ordine Gerosolimitano in cui si articolava la Lingua d’Italia (gli altri erano Venezia, Pisa, Roma, Messina, Capua e Barletta). Va altresì detto che la prestigiosa presenza di Astigiani nelle fila dell’Ordine fu sempre assidua e consistente: nei secoli molte furono le famiglie nobili astesi che potevano vantare almeno un cavaliere gerosolimitano arruolato nelle fila dell’Ordine, ma il personaggio astigiano che raggiunse il vertice della gerarchia Giovannita fu fra’ Petrino da Ponte, eletto Gran Maestro nel 1534.
Al principio del Duecento, precisamente nel 1206, la chiesa astigiana dell’Ordine Giovannita compare per la prima volta indicata con la dedicazione a San Pietro “in Conzavia”, veniva a cadere così definitivamente l’antica dedicazione al S. Sepolcro, sostituita dal titolo di S. Pietro in Consavia, nome ufficiale conservato fino ad oggi.
Capolavoro dell’arte romanica del XII secolo, la Rotonda di Asti è considerata uno degli esempi più significativi e meglio conservati in Italia di chiese edificate ad imitazione del S. Sepolcro di Gerusalemme. Un complesso ospedaliero monastico-cavalleresco che per oltre seicento anni, dal XII secolo al 1798, anno della soppressione napoleonica, appartenne all’Ordine Ospedaliero dei cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (oggi Sovrano Militare Ordine dei Cavalieri di Malta) e che proprio nella chiesa astigiana di S. Pietro in Consavia tenne sede uno dei sei priorati d’Italia. Un importantissimo pezzo di arte e storia, non solo astigiana.
Luca Campini
Ricercatore di storia e sigillografia medievale