In occasione della "XI Giornata nazionale degli amici dei musei" si è svolta l'iniziativa del "Museo che non c'è", finalizzata a richiedere alle istituzioni un maggiore
In occasione della "XI Giornata nazionale degli amici dei musei" si è svolta l'iniziativa del "Museo che non c'è", finalizzata a richiedere alle istituzioni un maggiore impegno nella tutela del patrimonio artistico nazionale, spesso poco valorizzato o, peggio ancora, dimenticato, mentre potrebbe costituire una ricchezza enorme dal punto di vista turistico e culturale. «Ci sono musei che non nascono ?- dice il presidente della Fidam, Paolo Berruti -? altri che restano chiusi, altri che non sanno aprirsi al mondo perché incapaci o disinteressati a condividersi. Sono tutti musei che continuano a non esserci… di fatto sprecando le immense risorse culturali che ci provengono dai secoli passati». Anche ad Asti l'Associazione degli "Amici dei musei e dell'archivio storico", presieduta da Mario Doglione, ha aderito all'iniziativa nazionale organizzando un incontro che si è svolto presso il Museo di Sant'Anastasio, con la partecipazione di Gian Luigi Nicola, restauratore di importanza internazionale ed attento conoscitore del patrimonio artistico astigiano.
Sono state passate in rassegna le opere che, pur esistendo ed essendo di grande valore, di fatto "non ci sono", perché giacenti da anni nel magazzino dei restauratori a causa della mancanza di spazi adeguati in strutture che possano valorizzarli. E' il caso di una trentina, fra busti e ritratti , di opere relative a Vittorio Alfieri, o di tre affreschi del Battistero ("Le storie di Davide") finiti di restaurare nel 1981, oppure degli affreschi della chiesa del rione San Lazzaro, o ancora delle "Storie della Vergine", quattro affreschi attribuiti all'Aliberti e provenienti dalla chiesa della Santissima Annunziata: uno di essi è stato restaurato nel 1993 ma, vent'anni dopo, non è ancora stato ritirato dal Comune di Asti, mentre gli altri tre affreschi sono ancora da restaurare.
Ci sono poi il sarcofago e la mummia di Ankpakhered ed il rarissimo sarcofago della XXI Dinastia, restaurato a cura dell'Associazione "Amici dei musei e dell'Archivio storico di Asti": in questo caso le particolari tecniche di analisi dei colori hanno fornito risultati strepitosi. «Si è voluto contribuire alla riscoperta del patrimonio locale -? spiega Matilde Picollo, vice presidente degli Amici dei Musei astigiani – utilizzando i fondi derivanti da anni di attività associativa per il restauro di un'opera di particolare significato, sia per il valore in sé, sia per l'allestimento della saletta dedicata ai reperti archeologici nel complesso di San Pietro. Il reperto non è forse attraente dal punto di vista della comunicazione, ma molto importante dal punto di vista artistico».
Il prof. Gian Luigi Nicola aggiunge che: «I sarcofagi pongono grossi problemi perché dovrebbero tornare ad Asti, ma le vetrine in cui dovrebbero essere ospitati con il passare del tempo si sono un po' deteriorate e necessitano perciò di essere sterilizzate, per non compromettere il risultato del restauro. Un altro problema è costituito dagli affreschi del sottotetto della chiesa di San Giovanni, che costituiscono un ciclo importantissimo, oppure gli affreschi della Pinacoteca: alcune di queste opere giacciono nel nostro magazzino da quarant'anni.
Si potrebbe dire che il problema è costituito dalla città di Asti, ma anche in altri luoghi le situazioni sono analoghe. Abbiamo mucchi di cose che per mille motivi non tornano a casa : è tutto lì, fermo, ma il materiale occupa spazi per i quali noi paghiamo le tasse. Non esponiamo le cose alla pioggia perché abbiamo una coscienza, ma ci aspetteremmo che anche i responsabili della gestione di queste opere ne avessero altrettanta. Si vive facendo finta di pensare che la cosa migliore sia quella che non costa, ma questo è possibile soltanto perché altri hanno senso civico, coscienza ed amore per l'arte. Capisco anche che ci siano cose urgenti e che stiamo vivendo momenti difficili, ma dopo quarant'anni le cose andrebbero risolte: almeno ci fosse un po' di riconoscenza, mentre non riceviamo neppure quella».
Renato Romagnoli