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Lasciare casa e lavoro pensando ai poveri del Perù
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Lasciare casa e lavoro pensando ai poveri del Perù

In un periodo di crisi economica caratterizzato da una forte disoccupazione giovanile spicca la decisione di una coppia di giovani astigiani di dedicare un anno della loro vita ai poveri del Sud

In un periodo di crisi economica caratterizzato da una forte disoccupazione giovanile spicca la decisione di una coppia di giovani astigiani di dedicare un anno della loro vita ai poveri del Sud America. Sì, perché Stefano Nebbia, 26 anni, insieme alla moglie Erica Nosenzo, di professione educatrice, partiranno lunedì 10 febbraio alla volta di una missione dell'Operazione Mato Grosso in Perù. Tanto che verranno ufficialmente salutati in occasione della veglia di preghiera in programma giovedì 6 febbraio alle 21 nella chiesa parocchiale di Castello d'Annone, paese in cui risiedono, promossa dalla Pastorale giovanile della diocesi e presieduta dal vescovo Francesco Ravinale.

«L'Operazione Mato Grosso – spiega don Carlo Rampone, responsabile della Pastorale giovanile diocesana – nasce negli anni Sessanta ad opera di un sacerdote salesiano, don Ugo De Censi, per poi staccarsi dalla congregazione e diventare un movimento autonomo. Infatti, pur nascendo come organizzazione cristiana, accoglie tutti i giovani che vogliono lavorare gratuitamente a favore dei poveri, anche chi è lontano dalla fede. I ragazzi svolgono attività di gruppo e partecipano a campi di lavoro i cui proventi vanno interamente a favore delle 78 missioni dell'Operazione attualmente attive tra Perù, Ecuador, Bolivia e Brasile».

Ad Asti il movimento conta circa 20 giovani che fanno riferimento a don Marco Calvo, parroco della Cattedrale di Casale Monferrato nonché direttore della cittadina alessandrina. «Tuttavia – anticipa don Rampone – l'intezione del vescovo Francesco Ravinale è andare verso una collaborazione fattiva della nostra diocesi con l'Operazione Mato Grosso, creando una presenza fissa e stabile, magari anche con una sede».

Ma come sono organizzati i ragazzi astigiani? «Ci incontriamo periodicamente a casa di qualcuno di noi – spiega Stefano Nebbia – e decidiamo il "da farsi". Solitamente organizziamo raccolte di materiale (vestiti, medicine) da spedire nelle case missionarie, allestiamo bancarelle per la vendita di prodotti (arance) e oggetti creati da noi, svolgiamo piccoli lavoretti presso privati o istuti scolastici (giardinaggio, sgombero locali…). In tutti i casi i proventi raccolti vengono spediti interamente alle case missionarie in Sud America». Stefano Nebbia fa parte del movimento da quando era adolescente, e ora ha deciso di compiere il "passo più importante", ovvero andare a lavorare un anno a contatto di quei poveri verso cui da anni indirizza la sua opera di carità. «Io non lavoro – spiega – mentre mia moglie, che è educatrice, si è licenziata. Vivremo un anno in una casa missionaria sulle Ande».

Stefano ed Erica raccoglieranno così "il testimone" dalle mani di altri due giovani astigiani, tornati lo scorso 22 dicembre dal Perù, dove sono rimasti due anni come volontari, sempre per l'Operazione Mato Grosso. Parliamo di Cristina Zaio, 28 anni, e Marino Calvo, 30 anni, temporaneamente residenti a San Damiano. Sposati da cinque anni, Marino è giardiniere in proprio, mentre Cristina è fiosioterapista, tanto che ha chiesto due anni di aspettativa alla clinica presso cui lavora per poter concretizzare questa esperienza.

«Ci siamo trovati molto bene – confida – è stata un'esperienza molto bella e arricchente. Eravamo impegnati in una scuola di falegnameria destinata a ragazzi provenienti da famiglie povere, che così potevano imparare un mestiere. Dopo anni di impegno qui ad Asti avevamo sentito il desiderio di andare a conoscere i ragazzi peruviani che tanto abbiamo aiutato».

Elisa Ferrando

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