Nei giorni scorsi all'Università di Asti gli allievi del Masl, il Master in sviluppo locale giunto alla decima edizione, hanno presentato i risultati delle loro ricerche di tesi a conclusione
Nei giorni scorsi all'Università di Asti gli allievi del Masl, il Master in sviluppo locale giunto alla decima edizione, hanno presentato i risultati delle loro ricerche di tesi a conclusione dell'anno accademico 2013/2014.
Le tre ricerche si sostanziano in altrettanti project work cui hanno lavorato allievi e docenti. «I tre progetti ?- ha affermato il professor Paolo Perulli, introducendo i lavori dei candidati – hanno in comune la volontà di investire nello sviluppo del capitale umano necessario tanto in Asti quanto a livello nazionale, perché solo investendo sulla formazione di risorse umane qualificate è possibile avviare un processo di crescita sociale ed economica. L'Italia, in questo senso, non può continuare a rimanere arenata in fondo alla classifica europea in termini di alfabetizzazione, educazione universitaria e aggiornamento post laurea».
Il primo lavoro di ricerca, intitolato "Impatto economico e sociale dell'Università di Asti", è stato presentato da Arianna Damato, Francesca Rita Di Sarli e Andrea Aimar. Aveva come obiettivo principale l'analisi e la valutazione degli effetti diretti, indiretti e indotti, sia a livello quantitativo sia a livello qualitativo, della presenza del Polo universitario rispetto al territorio di Asti. «Le critiche mosse nei confronti dell'ateneo astigiano, come spesso accade alle Università decentrate nei centri piccoli e medi – ha sottolineato Andrea Aimar – riguardano l'incapacità di offrire quella massa critica necessaria per poter fare ricerca e innovazione ad alto livello, di avere un alto numero di pendolarismo di studenti e docenti. Determinando, così, un minor "vissuto" del contesso territoriale in cui insiste l'Università e di essere fondamentalmente dei doppioni degli atenei delle grosse città. Critiche che non si possono non riconoscere ? ha aggiunto Aimar ? ma che devono sottostare a quanto dimostrato da gran parte della letteratura. E, cioè, che l'efficacia dell'Università in termini di produzione di innovazione dipende fortemente dal suo livello di connessione con il territorio».
L'Università di Asti, da quanto emerge dalla ricerca, registra una continua crescita del numero degli iscritti, nonostante la chiusura di alcuni corsi da parte del Ministero per mancanza di fondi: più di 1.700 laureati dal 2007 a oggi, la presenza di un 10% di studenti provenienti fuori regione e il confortante dato dell'83% dei laureati impiegato a un anno dal conseguimento del titolo, quasi sempre in linea col percorso di studi seguito. E, soprattutto, si dimostra attenta all'importantissima vocazione agricola, e soprattutto alimentare, del territorio.
Il secondo lavoro di ricerca, intitolato "Smart city: dati aperti e riuso", è stato presentato dai dottori Pietra Triscari e Marco Montrucchio, parte dalla teoria per cercare la giusta soluzione a un problema: accesso totale alle informazioni in favore dei cittadini nel rispetto, per altro, di quanto stabilito dal Decreto legilastico 33 del 2013 che prevede l'obbligo di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Più nel concreto l'ambizioso progetto ha il compito di trasformare l'archivio cartaceo del Settore Urbanistica del Comune in un "open data" facilmente accessibile.
Infine Giorgio Iviglia e Angelo Guazzotti hanno presentato il project work "INNUVA: Innovation Through Winery by-products". Un progetto che, partendo dall'immaginazione di una rete globale volta alla promozione dell'innovazione nel campo del riutilizzo di molecole estratte dagli scarti derivanti dalla produzione del vino e da altre lavorazioni agricole, arriva a trasformare in una nuova risorsa tecnologicamente avanzata quello che all'apparenza può risultare un semplice rifiuto. La ricerca mostra, per esempio, come i polifenoli possono essere utilizzati, solo per citarne qualcuna, dalle industrie biomediche, farmaceutiche, cosmetiche, tessili e persino nella produzione di energia rinnovabile grazie alle loro proprietà fotosensibili.
Marzia Barosso