La leggenda delle “masche” nel Monferrato
“Aj sun le masche”: ogni tradizione popolare che si rispetti ha le sue credenze magiche che hanno per protagonisti streghe e stregoni, più o meno malvagi. Esistono numerose fonti e testimonianze, spesso orali, sull’argomento. In Piemonte, esse costituiscono una realtà integrata nel passato quando quasi ogni paese, borgo, contrada o valle ha avuto la propria strega personale e ognuno l’ha voluta raccontare a modo suo.
Le masche erano di sesso femminile
La tradizione racconta come la maggior parte delle “masche” fossero di sesso femminile.
Più rari gli episodi in cui gli stregoni fossero uomini definiti “mascùn” e, in genere, identificati in individui di grande cultura, in possesso di molti libri e in grado di leggere testi in latino. Per fare un esempio in alcuni paesi come Balme, un mascùn venne identificato nella figura del prete dell’epoca che utilizzava le sue arti per irretire le donne. In altri casi si poteva anche trattare di un insegnante forestiero. Quali i motivi di questa identificazione? Una volta preti e maestri (molto spesso le due figure si equivalevano) erano gli unici in grado di leggere e di possedere qualche libro.
E, nei paesi di Langa, Roero e Monferrato nel secolo scorso c’era diffidenza nei confronti di chi veniva da fuori e nei confronti della cultura.
L’iconografia classica
L’iconografia classica descrive quasi sempre le “masche” come donne anziane, dall’aspetto cadente e ributtante, qualche volta potevano essere raffigurate come ragazze dotate di una bellezza mozzafiato.
Primo particolare interessante: la “masca” non era per forza una figura negativa, le leggende e la tradizione raccontano sia di streghe in grado di compiere atti di generosità sia di fattucchiere dispettose nei confronti degli esseri umani.
Ovviamente, quelle che colpiscono maggiormente l’immaginazione sono i racconti sulle streghe malvagie.
“Fare la fisica”
Ad ogni modo, sia le “masche” che i “mascùn” possedevano il potere di “fare la fisica” cioè esercitare la magia e del malcapitato che incorreva nei loro sortilegi si diceva che venisse “ammascato”. Le“masche” potevano assumere diverse sembianze sia di animali che di organismi vegetali.
Si tratta davvero di un elenco lunghissimo, quasi illimitato: si va dalle pecore alle galline, dai caproni ai maiali, perfino alberi o radici e, naturalmente, i gatti e i pipistrelli. Tutti gli avvistamenti più strani venivano attribuiti alla trasformazione di qualche “Masca”.
I poteri infiniti
Infiniti erano i poteri attribuiti alle “Masche” che erano considerate responsabili di tutti gli eventi negativi o inspiegabili che avvenivano all’interno di una comunità, dalla morte di un figlio alla perdita di un raccolto, da una malattia improvvisa alla sparizione di un qualsiasi oggetto.
Donne ai margini della società
Alcuni studiosi ipotizzano che quelle che all’epoca venivano considerate come streghe, in realtà fossero solo donne ai margini della società isolate dal resto della comunità quasi con la funzione di catalizzatore, di vittime predestinate (quasi un capro espiatorio) da incolpare per ogni avvenimento imprevisto.
Insomma, un modo per giustificare con se stessi, l’arrivo di una carestia o di una alluvione oppure la morte di un neonato additando un colpevole tra i diversi e i non integrati nella società. Persone reiette, magari anziane e sole che conoscevano le virtù medicinali delle varie erbe, oppure persone poco gradite da qualche vicino o, magari, ragazze che avevano respinto le profferte amorose di qualche spasimante poco gradito che per vendetta le aveva calunniate.
Poteri ereditari
Quelli delle “Masche” erano poteri ereditari, di solito si trasferivano di madre in figlia o di nonna in nipote.
La strega che non avesse discendenza propria aveva comunque la facoltà di scegliere un erede al di fuori della propria cerchia familiare e, solo in casi disperati, potevano scegliere un uomo come futuro depositario, in quel caso poi il tutto si sarebbe successivamente estinto alla morte del “mascùn” poiché un uomo poteva sì ereditare il potere ma non trasmetterlo. Oscure tradizioni sostengono che una “masca” la quale non riesca o che non voglia passare le proprie facoltà magiche ad altri sia condannata a morire in maniera atroce tra dolori e sofferenze. A volte la maga che ritenesse di non voler trasmettere quella che riteneva come la sua maledizione riuscisse a trovare una scappatoia dislocando il potere ad un albero per poi incenerirlo.
Il libro del comando
Ogni “Masca” possedeva il libro del comando zeppo di formule scritte, secondo la tradizione, dal demonio e ogni “Masca” consegnava il proprio libro del comando, in punto di morte all’erede scelto.
Non sempre però questo avveniva sicché ancor oggi si narra di libri del comando nascosti tra i boschi e tra le capanne, in precedenza abitate dalle streghe.
Storie di masche nell’astigiano
Anche nell’Astigiano circolano ancor oggi storie curiose sulle “masche”.
A Montechiaro, un contadino di notte incontrò due pecore e, tutto contento, le portò a casa, legandole nella stalla.
L’indomani mattina, trovò legate due donne anziane e capì di trovarsi in presenza di due masche. A Revigliasco, i proprietari di una cascina erano soprannominati “à gent d’l can bianc” poiché lì era facile imbattersi in un cane bianco che all’improvviso scompariva. A Refrancore, un uomo trovò sul suo cammino un rovo e per poter passare ne tagliò una parte. Il giorno dopo, una donna del paese aveva una “misteriosa” ferita ad un braccio, compatibile con i tagli fatti dall’uomo al rovo.
La leggenda del “Bric Lu” a Costigliole,
La leggenda narra che in cascinale del “Bric Lu” (la collina del lupo) viveva un giovanotto di nome Poldo, innamorato di Gentucca, una bella e ricca fanciulla, il cui padre in occasione della fiera di San Lorenzo convocò i giovani che aspiravano alla mano di sua figlia promettendola in sposa a chi si fosse presentato in piazza con il miglior paio di buoi. Poldo era povero, strinse un patto con il diavolo e si ritrovò con un paio di splendidi buoi, aggiogati ad un carro rosso, da portare alla fiera. Erano i più belli e Poldo sposò la fanciulla ed andarono a vivere a Bric Lu. Dopo un anno, proprio il giorno di San Lorenzo, il diavolo ritornò a riscuotere la sua parte, ovvero l’anima di Poldo. Dopo poco, per il dolore, Gentucca morì.