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Le vigne Unesco non hanno evitatola vergogna degli accampamenti
Attualità

Le vigne Unesco non hanno evitato
la vergogna degli accampamenti

A rileggere i giornali dello scorso anno, le inchieste dell’Espresso sulla “vendemmia della vergogna” o le accuse dei vignaioli francesi che tacciavano di sfruttamento i colleghi dell’Asti

A rileggere i giornali dello scorso anno, le inchieste dell’Espresso sulla “vendemmia della vergogna” o le accuse dei vignaioli francesi che tacciavano di sfruttamento i colleghi dell’Asti sembra proprio di poter concludere che non abbiamo imparato la lezione. Come lo scorso anno infatti, puntuale si è ripresentato il problema.  E senza nemmeno l’attenuante di non aver avuto il tempo di gestire un’emergenza. Perché quest’anno le riunioni in Prefettura ci sono state e gli allarmi sono stati lanciati molti mesi fa. Tutti gli attori avevano gli strumenti per poter gestire in modo attento la questione. Invece si è deciso diversamente.

«Ormai è un problema di ordine pubblico – racconta Dino Scanavino presidente nazionale della CIA – oltre a un problema di etica, c’è un dovere da parte degli organi di controllo di evitare che capiti quello che stiamo vedendo. Non è giustificabile in nessun modo. Sono gli imprenditori che sbagliano, la gente va assunta in regola e pagata con il contratto sindacale. Gli organi di controllo devono fare il loro dovere, senza clamore, senza retate spettacolari in vigna ma fermamente e chi sbaglia deve pagare. Una situazione come quella di Canelli sarebbe indegna per il bestiame figuriamoci per delle persone. Tutti in questa storia hanno le loro responsabilità, sono triste anche perché i segnali dello scorso anno non ci hanno insegnato nulla». Sul tema è intervenuta anche la CGIL astigiana. «Qui siamo al caporalato organizzato – ha spiegato Paolo Capra della Federazione Lavoratori Agroindustria – con gente che lavora anche dieci ore per paghe che a stento superano i cinque euro l’ora».

Oltre tutto c’è anche un problema non secondario di concorrenza sleale nei confronti delle cooperative serie che lavorano da anni sul territorio. «Il problema esiste – racconta Ilona Zaharieva della società cooperativa Lavorare Insieme e una delle voci della comunità macedone molto ben integrata nel canellese – se fai un prezzo troppo buono per le aziende ma non per i soci sai che ti prendono e lavori. Qui c’è anche la possibilità che ci siano cooperative non in regola, d’altronde se paghi sette euro l’ora è molto difficile esserlo. Però una parte del problema sono le aziende: se proponi 700/800 euro ad ettaro per la vendemmia dicono che vuoi guadagnare troppo. Ma se una cooperativa è seria ha dei costi. La nostra paga anche il viaggio ai soci, tutte persone che conosciamo. Poi ci sono i controlli.

Se una cooperativa non ha un ufficio e tutti i documenti sono nel cofano di una macchina come si fa a controllarla? Tutto però parte sempre dalle aziende e da una concorrenza sleale. Il prossimo anno infatti pensiamo anche di ridurre il personale. Da noi chi viene in vendemmia ha un posto letto, direttamente o presso i soci. Spesso si tratta di parenti di persone che sono già sul territorio. Quello che stiamo vedendo in piazza e nell’accampamento è indecoroso. Indegno. Secondo me anche il sindaco Gabusi ha sbagliato a mettere i bagni chimici. Chi si comporta male mi dà l’impressione che ci guadagni sempre. Se a un caporale fanno diecimila euro di multa credete che abbia problemi a pagarla? Fa tutto in nero e poi al massimo scompare».

Alla fine sembra proprio caduto nel vuoto il monito dell’Assessore all’Agricoltura Giorgio Ferrero che dalla nostre pagine solo pochi giorni fa diceva: «La situazione di Canelli va monitorata con molta attenzione: non possiamo permetterci un ritorno di immagine negativo su tutto il comparto dell’Asti». Perché il problema non è solo un problema di dignità dei vendemmiatori ma è un problema economico e di immagine per un intero settore.

Lodovico Pavese

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