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Luca Mercalli: istruzioni per l’uso in vista del disastro
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Luca Mercalli: istruzioni per l’uso in vista del disastro

E’ un Luca Mercalli profondamente deluso e stufo di passare per Cassandra inascoltata quello che nel salone di Cà Mariuccia, agriturismo e sede della Scuola di Agricoltura Naturale, ha tenuto una conferenza per dare consigli su come sopravvivere a quel disastro ambientale

E’ un Luca Mercalli profondamente deluso e stufo di passare per Cassandra inascoltata quello che nel salone di Cà Mariuccia, agriturismo e sede della Scuola di Agricoltura Naturale, ha tenuto una conferenza per dare consigli su come sopravvivere a quel disastro ambientale verso il quale stiamo sciaguratamente andando incontro. Ma non inconsapevolmente. «E’ da trent’anni che grido ovunque i dati allarmanti che ci arrivano dall’esame dello stato di salute del pianeta – ha detto – e all’inizio trovavo normale non essere seguito né particolarmente ascoltato. Questo perchè la gente non aveva ancora affinato una sensibilità ambientale, ancora non si parlava della gravità di alcuni parametri e, più in generale, non vi era sufficiente informazione né sufficienti mezzi per raggiungere grandi masse. Oggi è tutto diverso: le strumentazioni sempre più sofisticate ci confermano la deriva ambientale e, al contempo, la tecnologia delle comunicazioni abbatte ogni alibi di “ignoranza”. Eppure quello che dovrebbe essere la priorità di azione in tutto il mondo, non solo non alberga in chi ha la responsabilità di guidare le nazioni, ma neppure nella maggioranza della popolazione».

Per Mercalli vi è in tutto il mondo solo una piccola percentuale della popolazione consapevole dei disastri che l’uomo sta provocando al pianeta. Una nicchia che non cresce di numero, che non riesce a condizionare decisioni importanti, che non riesce a fare proseliti. «E allora mi sono stufato. Invece di parlare a tutti per avvertirli dei rischi cui tutto il mondo sta andando incontro, ho deciso, dopo trent’anni, di rivolgermi solo a questa nicchia e di dare qualche consiglio di resilienza, ovvero un piccolo manuale di “istruzioni per l’uso” a beneficio di quei circa 5 milioni di italiani che hanno maturato una forte consapevolezza della ricaduta di ogni loro azione sulla sostenibilità ambientale».

Invitando a rileggersi il rapporto di Tim Jackson sulle dinamiche catastrofiche che ci attendono, Mercalli ha snocciolato molte cifre a sostegno della sua visione “nera” del futuro del pianeta. Pianeta che era in equilibrio fra risorse e fabbisogno umano nel 1970, quando la popolazione era attestata a 3 miliardi e mezzo. Da allora, con la crescita costante della popolazione e il consumo rapido e dissennato delle risorse e del suolo, le proporzioni sono notevolmente cambiate. Oggi l’uomo sta consumando “una Terra e mezza” e per il 2050, se non si cambierà rotta, consumeremo le risorse di tre Terre. «Stiamo pesantemente intaccando il “capitale”, in termini di materie prime, tesaurizzate in millenni. E facendolo lo stiamo sottraendo ai nostri figli e ai nostri nipoti che si troveranno a fare i conti con un pianeta che non è più in grado di produrre abbastanza per tutti».

Serve un rallentamento immediato, un ribaltamento del concetto di crescita continua, una politica di conversione alle fonti di energia rinnovabili su vastissima scala. «Ma di tutto questo non si vede l’ombra – ha concluso amaramente Mercalli – e non fatevi ingannare dalla firma dell’accordo di Parigi. E’ un puro atto simbolico senza seguito di norme attuative, regolamenti, sanzioni». E allora? Cosa può fare la nicchia? «Può attuare una serie di prassi che le consentirà di arrivare più preparata del resto della popolazione al tragico momento di svolta del consumo della nostra Terra – dice Mercalli elencando le azioni consigliate – Fermare la cementificazione e il consumo di suolo per mantenerlo a scopi agricoli, produrre meno rifiuti, abbattere ogni tipo di spreco, fare un uso razionale delle energie qualunque sia la loro fonte, organizzarsi per l’autoproduzione alimentare. In una parola, aumentare la resilienza individuale ma anche quella collettiva».

Daniela Peira

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