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Lutto nel mondo accademico: è morto l’antropologo astigiano Gian Luigi Bravo

Professore universitario, scrittore, ma anche musicista ha sempre spronato i giovani a conoscere le tradizioni e il passato per capire meglio il presente

«Il nostro patrimonio è anche memoria perché sapere quel che siamo stati può aiutarci a capire meglio il presente. Questo dev’essere un momento importante nella formazione dei giovani». Così, in un’intervista rilasciata al nostro giornale alcuni anni fa, il professor Gian Luigi Bravo spiegava quanto fosse fondamentale conoscere e testimoniare il passato affinché la memoria di ciò che è stato venga preservata per i posteri.

Ieri un grave lutto ha colpito il mondo accademico piemontese e ha sottratto all’Astigiano uno dei suoi cittadini più brillanti non solo in campo accademico. Il professor Gian Luigi Bravo, già docente universitario di Antropologia culturale alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Torino, è deceduto a 86 anni. Nato a Villanova nel 1935, Bravo ha avuto un percorso di studi e poi lavorativo che è arduo riassumere in poche righe.

Si era laureato in Filosofia con Nicola Abbagnano all’Università di Torino ottenendo una borsa di studio biennale all’Università di Mosca. Aveva iniziato la carriera universitaria, come assistente ordinario presso la cattedra di Sociologia (allora tenuta dal professor Luciano Gallino) all’Istituto di Sociologia. Quindi aveva insegnato nelle facoltà di Magistero e di Scienze della Formazione, per poi passare alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere come professore ordinario di Antropologia culturale.

Per un certo periodo aveva anche ricoperto il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana Scienze Etnoantropologiche.

Il professor Bravo ha avuto la capacità di guardare molto lontano nella cosiddetta società liquida in continuo cambiamento. Già in tempi non sospetti aveva difeso l’importanza della memoria collettiva, quando ancora i social non era così preponderanti nella vita di tutti i giorni dove ciò che importa è “essere ora”, non il passato, le radici, ciò che sono stati i nostri genitori o i nostri nonni. Un continuo vivere nel presente che, a lungo andare, erode quello straordinario patrimonio culturale alimentato dal più umile dei contadini al più illustre degli avvocati.

Tradizione, folclore, ricordi, tutti elementi su cui il professor Bravo ha speso una vita intera di ricerche e studi approfonditi.

«Nella sua lunga carriera – ricordano i colleghi della Società Italiana di Antropologia Culturale – Gian Luigi Bravo ha dato vita a originali quadri teorici e di terreno che hanno permesso di stabilire fecondi e innovativi collegamenti scientifici tra la sociologia e l’antropologia».

Numerose le pubblicazioni che ha scritto o curato con alcune delle più prestigiose case editrici italiane. Tra queste si ricordano libri come “Festa contadina e società complessa” (1984), “Italiani: racconto etnografico” (2001), “Feste, masche, contadini” (2005), “La complessità della tradizione. Festa, museo e ricerca antropologica” (2007) e “Italiani all’alba del nuovo millennio” (2015). Ha anche curato per Einaudi, nel 1966, il volume “Morfologia della fiaba” di Vladimir Jakovlevič Propp considerato ancora oggi un caposaldo delle scienze umane.

Ma il professore è stato anche musicista e pianista, tra gli anni ’50 e ’60, quando Asti era la capitale italiana del jazz. Ha suonato, tra gli altri, con Paolo Conte proprio in uno dei primi gruppi musicali nati nell’Astigiano.

«Ci trovavamo la domenica alla Trattoria del Popolo, in fondo ai portici Anfossi – ricorda il pittore e scenografo astigiano Ottavio Coffano, anche lui amico di vecchia data – Ci consideravamo “aspiranti intellettuali” e parlavano fino a notte fonda di politica, cultura, musica. Tutto questo accadeva prima del ’68. Mi ricordo che faceva parte della nostra compagnia anche il becchino del cimitero che si univa a noi per cantare le canzoni della Resistenza o quelle popolari. Gian Luigi era un po’ il leader del gruppo».

Il professore lascia la moglie Pierangela Farris, docente, traduttrice, autrice e giornalista, il figlio Matteo, la nuora Sara e la nipotina Agata.

I funerali, strettamente privati, saranno celebrati in forma laica.

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