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Quell'apartheid enologico nel quale è rinchiusa Asti
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Quell'apartheid enologico nel quale è rinchiusa Asti

Albugnano, Nizza, Cisterna, Barbaresco, Dogliani, Asolo prosecco, Soave, Levanto, Montalcino, Montepulciano, Pitigliano, Torgiano, Frascati, Tufo, Taurasi, Alcamo, Marsala, Pantelleria, Alghero,

Albugnano, Nizza, Cisterna, Barbaresco, Dogliani, Asolo prosecco, Soave, Levanto, Montalcino, Montepulciano, Pitigliano, Torgiano, Frascati, Tufo, Taurasi, Alcamo, Marsala, Pantelleria, Alghero, Terralba: inizia con un elenco di 200 nomi di città o località italiane che danno il nome ad altrettanti vini doc o docg, il documento sotto l’evocativo titolo di “Stop all’apharteid enologico nei confronti di Asti" che i consiglieri comunali Mariangela Cotto e Giovanni Pensabene hanno preparato in vista dell’incontro che si terrà domani pomeriggio, venerdì, alle 17 in Municipio. Cotto e Pensabene hanno convocato le associazioni agricole, la Confcooperative (per le cantine sociali), sindaco e commissario della Provincia per esplorare una linea di mediazione che, al di fuori di tribunali e giudici, possa finalmente consentire l’inserimento del Comune di Asti in quello dei produttori dell’Asti docg.

Soprattutto a seguito dell’ultima sentenza del Consiglio di Stato che ha decretato la sua esclusione. Visto che, scrivono «e’ una storia un po’ complicata. E’ una storia sbagliata» citando De Andrè.
«Nel periodo che va dal 1982 al 2010 (dati dei censimenti agricoltura) la provincia di Asti ha perso oltre 8.000 ettari di superficie vitata, che corrisponde in termini percentuali ad una riduzione di oltre il 30%. Nello stesso periodo il Comune di Asti, che nel 1982 era al secondo posto come superficie vitata, dietro solo a Costigliole, perde oltre 900 ettari di vigneti con una riduzione di quasi l’80%! -commentano Pensabene e Cotto – Nei Comuni in cui si può produrre l’Asti le cose vanno diversamente: Canelli ha sì una riduzione, ma del 17%, e se si raffrontano solo gli ultimi 2 censimenti (2000 e 2010), ha anzi un incremento di circa il 5% della superficie vitata; la contrazione di Costigliole  è del 20%,  e senza l’Asti sarebbe stata ben più alta.

Nei Comuni più piccoli del sud astigiano, maggiormente caratterizzati dalla presenza del moscato non c’è nessuna riduzione di superficie o addirittura, come nel caso di Fontanile  c’è un incremento che supera il 35%. La superficie a moscato, atto a produrre Asti docg, è passata dai 7800 ettari circa del 1982 agli oltre 9600 del 2010. Se focalizziamo l’attenzione al periodo compreso tra gli ultimi 2 censimenti dell’agricoltura -proseguono i due consiglieri- mentre si negava reiteratamente l’ingresso del Comune di Asti (anche con poche decine di ettari) nella zona di produzione, la superficie in provincia di Alessandria cresceva di oltre 30 ettari, nella nostra provincia di circa 130 ettari e in provincia di Cuneo di altri 35 ettari circa con un ’incremento comoplessivo  di circa 200 ettari». A fronte di questi dati, i due consiglieri, respingendo le accuse di essere in cerca di visibilità, spiegano la loro azione come una questione territoriale di salvaguardia della produzione agricola, dell’occupazione e delle superfici vitate destinate altrimenti all’abbandono.

Daniela Peira

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