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Pochi fondi e poco orgoglioEcco i punti deboli di Asti
Attualità

Pochi fondi e poco orgoglio
Ecco i punti deboli di Asti

Un dato riconosciuto da tutti gli esperti con cui abbiamo parlato è che Asti ha fermenti culturali straordinari: crediamo che non lo dicano solo perché sono astigiani, ma perché sia proprio così.

Un dato riconosciuto da tutti gli esperti con cui abbiamo parlato è che Asti ha fermenti culturali straordinari: crediamo che non lo dicano solo perché sono astigiani, ma perché sia proprio così. Diciassette musei, notevoli beni architettonici, rassegne letterarie e musicali, ricca stagione teatrale, personaggi più e meno noti della cultura e dello spettacolo che si avvicendano in città. L'offerta pare decisamente ricca, paragonata a quella di tanti altri piccoli capoluoghi di provincia.

Due problemi covano però sotto la cenere dell'apparenza, e in alcuni settori emergono con preoccupante evidenza: la carestia di fondi e la mentalità di ampia parte della popolazione. «Ad Asti esiste una sensibilità bipartisan degli schieramenti politici sulla cultura, ma manca del tutto il senso di appartenenza e l'orgoglio che consentirebbero di valorizzare meglio quello che c'è ?- è uno dei temi toccati dall'assessore Cotto nella sua analisi -? Ci sta che ognuno abbia la sua visione, ma qui andiamo sempre a mettere in discussione a prescindere ciò che viene fatto: "cosa c'è sotto? Eh no però sarebbe stato meglio se?", insomma ragionamenti assurdi. Al mio posto, la cosa più logica da fare è non intervenire, ho un alibi perfetto: "Non ci sono soldi". Invece no, ti sbatti cercando di chiamare a destra e sinistra, ma in cambio si ottiene un malcontento generale: questo è qualcosa su cui si deve lavorare con l'esempio di quegli operatori culturali che sono in grado di trasmettere questo senso. Abbiamo davvero intenzione di mettere da parte i nostri personalismi? Facciamo in modo che si crei una commissione di supporto, cosa che sembrava potesse nascere qualche anno fa. Questa è una cosa che, offrendo delle linee-guida, si può fare se viene legittimata dal sindaco».

Noi a questi operatori abbiamo chiesto qualche spunto di riflessione sulla cultura in città. Coffano ha sottolineato la grave carenza di idee dietro alle mostre di arti figurative e la scarsa consapevolezza dei beni architettonici di cui disponiamo: il suggerimento che ha già lanciato è quello di individuare un settore di nicchia, trascurato o poco approfondito altrove, su cui puntare con convinzione perché Asti possa diventare un piccolo polo attrattivo, almeno in un campo specifico.
Lajolo ha rimarcato i problemi aperti con i cosiddetti "contenitori" della cultura, dai vari musei alla biblioteca, che ha allo stato attuale una situazione vicina al collasso, con la drastica riduzione del personale e delle ore di apertura. Il modello virtuoso che propone è quello offerto, chiaramente su ben altra scala, dal Museo Egizio di Torino e dalla Venaria Reale, dove «hanno pensato al museo come un luogo dove le persone stanno, s'incontrano. Non visiti semplicemente, ma hai delle opportunità di conoscenza e delle multimedialità, proposte attraverso una comunicazione vincente. Questa è una grande esigenza dinanzi alla solitudine dei tweet: la cultura è incontro e dialogo, e per dialogare occorre essere almeno in due».

«Per rispondere a chi mi chiede dei cambiamenti, sarei disposto ad adottare anche soluzioni drastiche, anche a costo di rischiare che il prossimo assessore cambi di nuovo tutto -? ha risposto Cotto -? E' chiaro però che oggi possiamo solo traghettare quello che di buono abbiamo, cercando di non peggiorare la situazione per chi verrà dopo di noi». Una situazione di fondo desolante dunque, davanti a cui è molto difficile trovare la ricetta giusta, c'è da disperarsi?: «A me piacerebbe comunque lasciare un segno, dobbiamo guardare avanti: non c'è da piangersi addosso dinanzi alla situazione finanziaria. C'è, punto e basta. Però è il momento di stringerci: chi non sale sulla barca oggi, è perché non è interessato ad arrivare all'isola, è solo interessato a far affondare le altre barche».

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