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Il caso

Marietto, la madre affidataria: «Un bambino nato santo che abbiamo amato con tutto il nostro cuore»

Non vuole lo scontro con i genitori naturali. Nella piccola bara bianca, con il piccolo c’era anche il peluche che loro gli avevano regalato

Alle prese con gli inevitabili agguati di dolore che seguono alla morte di un bambino di 20 mesi, la famiglia affidataria di Mario Domenico non si aspettava di dover fronteggiare pubblicamente le polemiche nate dalla denuncia dei genitori naturali del piccolo esclusi dalla notizia della morte e dai funerali del loro figlio.
«Non metteteci contro, stiamo soffrendo tutti per la morte di Mario Domenico e noi rispettiamo profondamente il dolore dei genitori naturali – dice Emanuela Singarella che con il marito e la loro figlia già grande ha una lunga esperienza di affidamento di neonati abbandonati alla nascita o sottratti ai genitori da parte del tribunale dei Minori – ma non potevamo essere noi ad avvertirli. C’erano disposizioni del giudice minorile da rispettare e quella era una decisione che spettava ai Servizi Sociali».
Quello che Emanuela vuole che i genitori naturali e i lettori sappiano, è che Mario Domenico, che loro chiamavano Marietto o Mimmo, è stato un bambino profondamente amato.
«Un bambino nato santo, che ha sofferto tantissimo di una malattia, l’encefalopatia epilettica, che è progredita rapidamente. Un bimbo dolcissimo, bellissimo da cui abbiamo ricevuto grandi rimandi dell’affetto che gli abbiamo dedicato. Ha lasciato un grandissimo segno in tutta la mia famiglia, come mai era capitato prima».
Marietto era un bambino che necessitava di un accudimento speciale: per questo motivo la mamma affidataria aveva lasciato il suo posto di lavoro e per 1 anno e 2 mesi dedicandosi totalmente al piccolo con un grande supporto del resto della famiglia. «Non poteva essere lasciato solo mai, perché in caso di crisi bisognava intervenire immediatamente – racconta – lo abbiamo fatto seguire e visitare dai migliori medici in circolazione, ci siamo spostati da un ospedale all’altro, abbiamo affrontato le sue crisi di giorno e di notte che terminavano sempre con la corsa in Pronto Soccorso. Anche quando sembrava tranquillo ascoltavo il suo respiro continuamente, anche di notte, per cogliere ogni minima alterazione. E’ stato un periodo molto faticoso – prosegue – ma pieno di amore e soddisfazioni, perché lui ha sempre ricambiato con i suoi sorrisi e il suo affetto tutte le attenzioni che gli dedicavamo». Nonostante i gravi problemi di salute Marietto ha scoperto in tenera età la vastità del mare e la gioia della festa del primo compleanno.
Il ricovero in un centro specializzato è stata una scelta soffertissima, quasi imposta alla famiglia affidataria che, pur rendendosi conto dell’aggravamento delle sue condizioni, voleva continuare ad occuparsi di lui. «Ancora oggi non riesco ad accettare la morte di Marietto, quella corsa disperata al centro subito dopo la telefonata della crisi fatale. L’ho tenuto in braccio e vestito io e ho organizzato il funerale perché avesse una saluto degno dell’amore che aveva lasciato in tutti quelli che lo avevano conosciuto. La chiesa era gremita e durante la cerimonia sono state cantate tutte le canzoncine che a lui piacevano. Nella piccola bara bianca, ad accompagnarlo, abbiamo messo Pluto, un peluche giallo che gli avevano regalato i suoi genitori biologici e con il quale giocava tantissimo». E’ importante che sappiano che una cosa loro sarà sempre al fianco del piccolo.
Emanuela e la sua famiglia non erano pronti ad un distacco così improvviso. Loro sono una “famiglia ponte”, quelle che tengono i neonati fino all’adozione, avevano imparato a gestire il distacco dei piccoli. Ma la morte di Marietto no, li ha travolti al punto da non avere la forza di mettersi di nuovo a disposizione per i bimbi abbandonati alla nascita.
Ci vorrà del tempo per pensare a Marietto senza il morso del dolore.

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