Sono passati esattamente 200 anni dalla morte di Napoleone Bonaparte (5 maggio 1821) e in questi giorni in cui si ricorda la figura dell’imperatore francese, che in Europa ha lasciato un segno paragonabile, se non superiore, a quello di Carlo Magno, sono in pochi a ricordare che Asti ha ospitato Bonaparte nel 1805 insieme alla moglie Giuseppina di Beauharnais.
Era esattamente il 29 aprile di quell’anno quando Napoleone fece il suo ingresso ad Asti, con relativo seguito tipico delle sue entrate trionfali, durante il suo viaggio verso Milano. L’imperatore e la moglie furono ospitati per alcuni giorni, fino al 1° maggio, nell’attuale Palazzo Mazzetti che già allora era uno degli edifici più belli di Asti, degno di poter aprire le sue porte all’uomo più potente d’Europa.
Lo storico astigiano Stefano Incisa, cronista del tempo, ricorda quei giorni con molti dettagli e soprattutto descrive l’imperatore in maniera ben poco regale: «Ha statura mezzana, faccia giallastra ed abbronzata, occhi sempre in moto che non pare tranquillo». Ai tempi di Napoleone Asti era capoluogo del Dipartimento del Tanaro, sotto il controllo della Francia, così come stabilito a seguito della celebre battaglia di Marengo avvenuta il 14 giugno 1800, durante la seconda campagna d’Italia.
«Si dice che in quei giorni Giuseppina abbia anche inaugurato il carnevale astigiano affacciandosi dal balconcino che ancora oggi esiste tra corso Alfieri e via Giobert – racconta la guida turistica Matteo Gazzarata – A quel tempo, quello che oggi è Palazzo Ottolenghi c’era già e sicuramente il Palazzo Mazzetti che ha accolto Napoleone aveva già lo scalone principale, il salone grande, la galleria degli specchi e le stanze da letto stuccate dei Conti Mazzetti».
Eppure di Napoleone, ad Asti, non si parla mai, non esiste neanche una targa, fuori dall’edificio, che indichi il passaggio dell’imperatore. Un esempio di damnatio memoriae tutto nostrano, forse per disattenzione, meno probabilmente per questioni politiche. Ma a 200 anni dalla morte è innegabile che la figura di Bonaparte affascini e sia spendibile per promuovere anche la nostra città.
«Oggi devi valorizzare tutto ciò che puoi spendere»
«È un vero peccato che non si sfrutti questa figura dal punto di vista del marketing – continua Gazzarata – Oggi, specialmente con il turismo azzerato, tutto ciò che può servire per la ripartenza del settore dovrebbe essere sfruttato, anche ciò che prima poteva essere trascurato. Quando si ha un nome importante come quello di Napoleone bisogna usarlo perché Bonaparte è universalmente conosciuto». Lo storytelling sul soggiorno di Bonaparte ad Asti può essere declinato sotto vari punti di vista e ai turisti piace molto quando si raccontano loro, durante le visite guidate, curiosità e leggende su questo o quel personaggio famoso. «Una leggenda, e quindi non confermata da fonti, dice che sarebbe stato proprio Napoleone a far mozzare le ultime torri medievali rimanenti in città per impedire che dalla loro cima si potesse spiare dentro il famoso Castel Vecchio, ma al di là del pettegolezzo, Asti dovrebbe puntare su questi grandi nomi per promuoversi e rilanciare il turismo».
Il Giornale di Stefano Incisa, che racconta la vicende di Asti tra il 9 aprile 1776 e il 5 luglio 1819 è un’opera da cui prendere ispirazione per mettere insieme queste curiosità spendibili dal punto di vista del marketing. La Società Studi Astesi alcuni anni fa pubblicò in volumi le cronache dell’Incisa, tra cui il racconto dei giorni napoleonici astigiani.
«Ad Asti abbiamo una collezione di dipinti rinascimentali di Gandolfino da Roreto, – continua la guida turistica – ma sebbene si tratti di un pittore importante, non è Caravaggio. Credo che anche Vittorio Alfieri non sia mai stato sufficientemente valorizzato e parlarne ai turisti è impresa non facile perché non lo conoscono. Riesco a dire qualcosa di Alfieri quando parlo con persone che hanno visitato Santa Croce, a Firenze, e che hanno visto al tomba di Alfieri creata dal Canova. Credo che in questo caso si sia troppo puntato sul grande letterato e poco sull’uomo che ha avuto un vita interessante». Essere una città turistica significa sapersi vendere bene e dopo il Covid sarà ancora più strategico riuscire a farlo perché la concorrenza sarà agguerrita, molto più di prima. Magari anche Napoleone potrà venire idealmente in nostro soccorso.