Proprio durante il suo toccante discorso, Daria Carmi si è commossa fin alle lacrime nel ricordo del padre Elio: «Come ha sempre detto mio padre il mio invito oggi non può che essere di non restare indifferenti. Per troppo tempo, forse, ci si è girati dall’altra parte quando invece bisogna sentirsi coinvolti. La Giornata Mondiale della Memoria è stata istituita solo nel 2005 e la domanda da porsi è perché solo allora. Bisogna che la memoria resti sempre attiva per mantenere vivi tutti quegli elementi che hanno composto il disegno terribilmente drammatico dell’Olocausto. Noi siamo gli anticorpi affinché la Shoah non succeda ancora».
Daniele Carmi ha, quindi, letto la preghiera commemorativa “Yizkor”, che in ebraico significa “ricordo”. A seguire, come consuetudine, sono state accese le sette candele a ricordo delle sette milioni di vittime dell’Olocausto (sei milioni di ebrei e un milione di altre persone). «Proprio io – ha detto Daria Carmi – voglio accendere la candela in ricordo di tutte le persone non ebree che sono state deportate e uccise nei campi di sterminio per motivi politici, razziali, religiosi, di genere o di orientamento sessuale, senza dimenticare le persone con disabilità mentali o fisiche. Tutti accomunati dal fatto di essere ritenuti dai nazisti indesiderabili o inferiori».
Moncalvo ha anche un altro primato nel ricordo delle vittime dell’Olocausto: è stato il primo Comune della provincia di Asti a ospitare le Pietre d’inciampo che si trovano proprio all’inizio della via. Ve ne sono quattro a ricordo dei deportati catturati in paese che non fecero più ritorno da Auschwitz: Clelia Vitale, Adua Nunes, Amerigo Colombo e Alberto Colombo. Proprio Clelia Vitale, vedova di Moise Foa, fa parte della famiglia Norzi, ultima rappresentante della comunità ebraica a Moncalvo.
Gli ebrei moncalvesi raggiunsero la massima presenza nel 1836 ospitando nel ghetto di via IV marzo oltre 220 persone. Cacciati dalla Francia, gli ebrei si insediarono a Moncalvo dal 1394, contestualmente alle comunità ebraiche di Asti e Fossano. Da allora i tre centri mantennero viva la liturgia Appam, dal nome delle tre città. L’edificio della sinagoga, in piazza Carlo Alberto, ha una caratteristica straordinaria: è l’unico caso in Italia, se non in Europa, di un Comune nella cui piazza principale si affaccia una sinagoga e non una chiesa. L’edificio fu poi ceduto, usato come deposito e oggi i preziosi arredi si trovano in Israele.