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Attualità

Ricordando l’altro esercito,
quello a quattro zampe

Accanto ad un esercito di umani, la Prima Guerra Mondiale ha contato anche su un grandissimo esercito a “quattro zampe” che ha avuto elementi addestrati, caduti e feriti al pari dei soldati. A

Accanto ad un esercito di umani, la Prima Guerra Mondiale ha contato anche su un grandissimo esercito a “quattro zampe” che ha avuto elementi addestrati, caduti e feriti al pari dei soldati. A raccontare questo aspetto curioso e spesso misconosciuto a cento anni dallo scoppio del conflitto nel 1915, saranno Nicoletta Fasano dell’Israt e Cesare Ivaldi presidente dell’associazione “Asini si nasce e io lo nakkui” giovedì in Provincia ad una platea di alunni delle scuole elementari e medie.

L’entrata in guerra dell’Italia, nel 1915 rivelò la necessità di importare dagli Stati Uniti migliaia di cavalli da usare per il traino di carri e attrezzature belliche. Gli animali più usati turno i muli, per la loro forza e la loro resistenza alla fatica fisica, ma nello speciale esercito animale entrarono anche migliaia di asini, cammelli, cani, colombe, gatti. Una presenza importante dalla quale derivò l’arruolamento di 3 mila veterinari e centinaia di maniscalchi. I muli si dividevano fra quelli “da tiro” per trainare le carrette da battaglione e quelli “da soma” per l’artigliera alpina e someggiata e ancora quelli “da fanteria” usato per il trasporto delle mitragliatrici. Marciavano in colonna fino a 12 ore con 140 kg di carico. Predilette le femmine, più docili e meno soggette alle malattie. Ad ogni mulo o mula corrispondeva un soldato che si occupava di accudirlo o accudirla e il legame che si instaurava fra i due era pari a quello che nasceva fra commilitoni.

I cavalli furono quelli che subirono il maggior numero di “caduti” sul campo. Mentre nelle stagioni gloriose con Napoleone le loro cariche erano travolgenti, i poveri quadrupedi non potevano competere con il perfezionamento delle armi così i grovigli di filo spinato associati alle sventagliate di mitragliatrice decretarono presto il loro abbandono in prima linea. Continuarono però ad essere scelti per servizi di retrovia come la perlustrazione delle linee arretrate del fronte, i pattugliamenti presso obiettivi sensibili e come scorta dei prigionieri. Nelle colonie in Libia e in Egitto, muli e cavalli erano sostituiti da cammelli e dromedari che venivano usati sia per operazioni di carico e trasporto, sia per portare l’uomo in battaglia. Famose le “truppe cammellate” dell’Imperial Camel Corps britannico.

Anche il miglior amico dell’uomo, il cane, non si è sottratto all’arruolamento. Tantissimi gli utilizzi che, a secondo dello specifico addestramento ricevuto, riguardavano i cani: esistevano cani d’attacco, cani esploratori, cani messaggeri, cani da traino, cani per il soccorso dei feriti, cani per sorvegliare i prigionieri, cani da pista per ritrovare i fuggiaschi, cani da mina, cani da esplosivo. Almeno 3500 i cani di razze diverse furono usati dall’esercito italiano, soprattutto sulle Alpi, tanto che gli alpini che li accudivano e li addestravano erano detti “cagnari”. D’inverno venivano legati in muta per il trasporto di slitte con carichi fino a 200 kg. Fra le tante categorie di cani soldato, anche quelli colombiferi, ovvero quelli che portavano sul dorso le colombaie. Già, perchè fra tanti soldati a quattro zampe, ce n’era anche una categoria che di zampe ne avevano due: i colombi. Fondamentale il ruolo ruolo come messaggeri.

Daniela Peira

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