“Quei femminicidi che non mi hanno fatto dormire la notte” è il titolo della quinta e ultima puntata di “Le storie di SOS donna”, dedicate su chi si impegna nell’Astigiano, con azioni particolari, contro la violenza di genere.
Protagonista dell’intervista è Daniela Campasso, poliziotta in pensione, fino al 2022 responsabile della Divisione Anticrimine della Questura di Asti e con vasta esperienza contro la violenza sulle donne, tema che la vede tuttora attiva soprattutto tra i giovani.
“Per ricordare Giulia Cecchettin a un anno dal femminicidio – le chiede Laura Nosenzo, autrice dell’intervista – gli studenti universitari di Padova hanno proposto un minuto di rumore in ogni classe, ma il preside di un liceo ha risposto che preferiva il silenzio. Cos’è meglio per te, rumore o silenzio?”. “Parlare – la risposta – Lavoriamo prima che la violenza accada o quando sta iniziando ad accadere perché poi ci troveremo a mettere solo delle pezze”.
Ai giovani Daniela Campasso parla con sincerità e schiettezza e non aggira le contraddizioni che le fa osservare l’intervistatrice: “Spesso le cronache giornalistiche sottolineano i perduranti silenzi delle vittime di fronte alle violenze, ma il Codice Rosso non sempre viene applicato puntualmente dopo che la donna denuncia. Ci sono stati casi, finiti in femminicidio, in cui i braccialetti elettronici non hanno funzionato. Ancora oggi succede che il personale delle forze dell’ordine, il magistrato, l’avvocato rivolgano alla donna domande gravate dal pregiudizio”.
“Togliersi la forma mentale che hai – spiega Campasso – non dipende soltanto dall’aver studiato o no: vale per tutti, anche per chi si occupa di violenza di genere”. E racconta: “Ne ho parlato con gli studenti di un liceo scientifico. Poiché non volevo rischiare di sentirmi dire quello che hai appena detto, li ho prevenuti. Non volevo fare la bella lezione. Ho fatto qualche esempio di affermazioni che non bisognerebbe mai pronunciare con la vittima: ‘Come eri vestita? Con l’ombelico fuori, immagino’, ‘Che ora era? Posso pensare non prima delle 4’. Poi ho detto ai ragazzi: ‘Se vi dicono queste cose incazzatevi e dite che oggi avete conosciuto me’. Quando hai 62 anni, hai finito il tuo lavoro e sei in pensione, puoi permetterti di dirlo”.
Sul sito sos-donna.it si può leggere l’intervista integrale, corredata da numerose fotografie sulla vita professionale della protagonista, in passato dirigente alla Polizia Scientifica di Genova. Risalgono a quegli anni due casi drammatici di cui si occupò e che, confessa, le tolsero il sonno: il femminicidio di Antonella Multari, a Sanremo, e l’omicidio di Antonella Biggi, a Genova. Due realtà collegate al nome di uno stesso uomo, Luca Delfino.
Ad Asti Daniela Campasso ha contribuito a far nascere, in Questura, la Stanza delle donne e dei bambini, durante il Covid ha fatto ripetuti appelli alla popolazione per aiutare le vittime di violenza, chiuse in casa con i loro maltrattanti, e dato per anni preziosi consigli alle donne: come quello di tenere un diario. “Le vittime – ribadisce – spesso dimenticano i singoli episodi di maltrattamento subiti o le frasi che le hanno umiliate. A volte non li ritengono importanti, ma la poliziotta o il magistrato che li leggono li valutano in un altro modo: possono diventare prove. Scrivere ciò che succede, volta per volta, aiuta a dare consistenza al problema”.
“Le storie di SOS donna” chiudono le azioni 2024 del progetto curato dall’Associazione Mani Colorate col supporto del Consiglio regionale del Piemonte (Consulta delle Elette), Asl AT, Comune di Moncalvo, Cisa, Cogesa, Soroptimist Club, Fondazione CRAT e Banca di Asti.
Nelle foto: Daniela Campasso e gli studenti del Monti; nel 2019 con il capo della Polizia Gabrielli.