Oggi il presidio dei circoli Arci e Acli
Un presidio per chiedere e attenzione verso un settore – quello dei circoli (e del mondo dell’associazionismo ad essi legato) – penalizzato dall’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
E’ l’obiettivo del sit-in, organizzato nel rispetto della normativa anti Covid, che si svolgerà oggi (venerdì) dalle 16 in piazza Alfieri, sotto la Prefettura. A manifestare saranno i rappresentanti dei circoli Arci e Acli dell’Astigiano, che chiederanno anche un incontro in Prefettura per spiegare la ragioni della mobilitazione, che peraltro si sta svolgendo in questi giorni in numerose città italiane.
Ad anticipare le questioni che saranno al centro dell’incontro Stefano Bego, responsabile dei circoli Arci per le province di Asti e Cuneo, oltre che uno dei gestori volontari del circolo Arci Casa del Popolo di via Brofferio.
«Il nuovo decreto – evidenzia – ha imposto la chiusura di tutti i circoli sportivi, ricreativi, culturali e sociali tra cui, appunto, la Casa del Popolo. Compresa, laddove presente, l’attività di somministrazione, vietata anche prima delle 18. Parliamo di un mondo che, per quanto riguarda la sola “rete” Arci di Asti e Cuneo, si compone di circa 50 tra circoli e associazioni e oltre 8mila soci. Certo, non parliamo di grosse realtà, ma di realtà il cui valore sociale è molto più elevato di quello economico. E che questo nuovo decreto, dopo i tre mesi di chiusura la scorsa primavera causa lockdown, rischia di distruggere. I circoli, infatti, si mantengono grazie al tesseramento e all’attività di somministrazione, senza scopo di lucro, ma creano comunque posti di lavoro (in alcuni casi hanno dei dipendenti) e, soprattutto, arricchiscono nei settori più variegati il tessuto sociale di una città o di un paese».
Le difficoltà del settore
Il presidio ha proprio la funzione di accendere i riflettori su questa realtà e chiedere al Governo, tramite la Prefettura, maggiore attenzione, pur con la consapevolezza delle difficoltà causate dall’emergenza sanitaria. «Da quando abbiamo potuto riaprire, dopo il lockdown – spiega – ci siamo impegnati a rispettare la normativa anti Covid e, seppur limitando notevolmente la nostra attività, ci era consentito sopravvivere. Ora la chiusura rappresenta un macigno dal peso difficilmente sostenibile, sia perché non avremo più entrate dalla somministrazione, sia perché verrà interrotta la campagna di tesseramento per l’anno 2020/2021 cominciata lo scorso 1° ottobre».
Bego porta quindi ad esempio la Casa del Popolo, che conta circa 500 soci.
«Prima dell’emergenza sanitaria – ricorda -organizzavamo eventi di vario tipo, dai concerti alle cene, dalle mostre agli eventi culturali, dai convegni agli spettacoli teatrali. Tanto che avevamo anche investito per sistemare alcuni locali. Poi il lockdown e, successivamente, una rimodulazione dell’attività nel rispetto delle norme anti Covid, che però non ha impedito lo svolgimento di cene, piccoli concerti acustici, corsi di formazione per giovani, anche on line, incontri culturali. Adesso di nuovo la chiusura (può rimanere aperto solo il Caf in convenzione con la Cia – Agricoltori Italiani) . Chiediamo dunque più attenzione e un sostegno come avranno altri settori dell’economia».
Elisa Ferrando