Il comunicato dei sindacati che lanciano l’allarme sull’ospedale di Asti
La CGIL FP Asti e la RSU CGIL ASL AT manifestano la loro preoccupazione, condivisa anche dal personale operante al Cardinal Massaia, dovuta alle nuove disposizioni regionali contenute nel “Protocollo d’intesa fra Unita’ di Crisi – Regione Piemonte, Prefetture, Citta’ Metropolitana e Province del Piemonte in relazione alle ulteriori misure di contenimento COVID 19 e indicazioni operative sull’assistenza territoriale e per le strutture assistenziali socio sanitarie, ivi comprese le RSA”, e alla mancata presa di posizione della Direzione Generale ASL ASTI che porteranno se non corrette, a breve, alla implosione del nostro ospedale Cardinal Massaia di Asti.
Non solo in un mese e mezzo si è dovuto far fronte a una terribile emergenza sanitaria, ma ora, si dovrà far fronte anche all’emergenza territoriale, in quanto i pazienti provenienti dalle RSA, una volta dimessi dall’ ospedale non potranno più far ritorno in struttura, provocando così un “tappo”, una mancata via d’uscita.
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria, l’organizzazione ospedaliera astigiana ha sostanzialmente retto l’urto del virus, mantenendo un equilibrio tra i ricoveri e le dimissioni dei pazienti; ma alla luce delle nuovi disposizioni questo equilibrio rischia una grave compromissione, perché il mancato rientro dei pazienti nelle RSA, non garantirà i posti letto necessari per i nuovi ricoveri dei contagiati.
Ci giunge notizia che a breve il reparto di urologia si trasformerà in una RSA COVID, circa 30 posti di cui 10 già ad oggi operativi, che dovrebbero supplire il mancato rientro dei pazienti presso le RSA territoriali d’appartenenza.
Le richieste del sindacato
In primis ci chiediamo come questi 30 posti letto possano essere sufficienti a garantire le dimissioni di questi pazienti, quando il nostro ospedale ha già conosciuto, nei mesi passati, pesanti riconversioni con ben sei reparti COVID con un totale di 188 posti letto dedicati (160 letti di degenza + 16 di rianimazione + 12 di sub intensiva).
Le RSA, per definizione, sono strutture presenti sul territorio e non in ospedale, e questo concetto deve essere chiaro e sostenuto con forza.
Il personale medico, infermieristico, gli operatori socio sanitari, già profondamente provati dai carichi di lavoro massacranti, dovranno farsi carico di altri malati da curare ed assistere in una situazione non piu’ sostenibile.
Sia ben chiaro che questa assurda situazione è dovuta alle gravissime carenze della nostra sanità territoriale e pare evidente che non può essere sempre l’ospedale l’unico contenitore, l’unico rifugio, l’unica soluzione. Se non si vuole far collassare il nostro ospedale, bisogna affrontare la situazione diversamente, portando sul territorio questi pazienti, organizzando delle RSA COVID specifiche, che non gravino sul delicato equilibrio ospedaliero.
Pensiamo a strutture già esistenti e vuote come l’ex Vetreria, come la San Secondo, o perché non pensare a “ospedali da campo” che, con il prezioso aiuto della protezione civile, potrebbero essere allestiti in breve tempo, senza escludere strutture già presenti nei paesi astigiani, o anche in estrema ratio utilizzare dopo averle sistemate adeguatamente, a strutture cliniche private presenti sul territorio di Asti.
In questo scenario non possono non risuonare assordanti i silenzi e la mancanza di soluzioni che tutti ci aspettiamo dalle autorità che, territorialmente, dovrebbero essere i fari in questa emergenza, il Commissario Asl AT, Dott. Giovanni Messori Ioli e il Sindaco di Asti Maurizio Rasero, i quali devono muovere tutte le leve a loro disposizione per pretendere soluzioni veloci e risolutive.
Questa, se non verrà subito affrontata, determinerà in poche settimane l’implosione ospedaliera.
Non si vuole fare allarmismo
Non si vuole fare allarmismo, ma evitare una situazione che potenzialmente potrebbe mettere in serio pericolo la salute di operatori e pazienti.
Chiediamo al Sindaco e al Commissario di decidere se rendersi responsabili del collasso ospedaliero, con le relative disastrose conseguenze o se attivarsi per trovare le risposte sul territorio che salvino l’Ospedale dal sovraccarico di pazienti.
Insomma, chiediamo che ognuno si prenda le proprie responsabilità e faccia tutto ciò che è necessario per non arrivare al collasso ospedaliero.
LA CGIL-FP, la sua struttura territoriale, le rsu e i suoi iscritti, medici, infermieri, oss e tutto il personale sanitario e non, sin dal primo momento, oltre a schierarsi in prima fila nel contrasto della pandemia, hanno acceso la modalità collaborativa come testimoniano lettere, documenti sempre improntati a costruire collaborazione, a mettere in campo le nostre idee. E come testimonia il contributo che stiamo fornendo alla cabina di regia costituitasi in Prefettura di Asti per discutere i provvedimenti da prendersi con tutte le forze sociali in campo.
Non siamo andati alla ricerca del piccolo scandalo o dell’errore a tutti i costi per incolpare qualcuno.
Ma ora c è l’assoluto bisogno di decisioni operative forti, veloci da prendersi prima che sia troppo tardi.
La R.S.U. CGIL A.S.L. AT
Il Segretario Generale FP-CGIL ASTI Roberto Gabriele
L’Asl AT ed il Comune di Asti lavorano da sempre e costantemente alla gestione, anche territoriale, dei pazienti CoVID-19 positivi.
In merito alla nota della CGIL FP Asti e la RSU CGIL ASL AT in cui viene espressa preoccupazione circa la gestione dei ricoveri all’ospedale Cardinal Massaia di Asti, in particolar modo in funzione dei nuovi pazienti provenienti dalle RSA del territorio astigiano, l’Azienda sanitaria locale, insieme al Comune di Asti, ritengono importante sottolineare come in tal senso si stia lavorando da settimane e si stia gestendo il protrarsi dell’emergenza Coronavirus con quotidiano impegno e sforzo di tutti gli operatori impegnati sul campo.
“La ricerca e verifica di potenziali soluzioni idonee al di fuori dell’ospedale – spiegano il Commissario, Giovanni Messori Ioli, ed il Sindaco, Maurizio Rasero – è stata avviata da subito, sin dal mese di marzo scorso, identificando, tra l’altro, la Casa del Pellegrino di Villanova d’Asti anche grazie alla collaborazione di sua Eccellenza il Vescovo di Asti, per pazienti ancora positivi ed in buone condizioni generali di salute, ma non dimissibili a domicilio. Da allora abbiamo potuto appurare la presenza di soluzioni adeguate a livello strutturale, ma non attivabili a causa della carenza di personale sanitario che potesse esservi dedicato”.
Con un procedimento di verifica urgente, intanto, giovedì 23 aprile l’Asl AT ha posto le basi per poter avere a disposizione un nucleo residenziale della RSA “Clinica San Giuseppe”, che vede già assistiti alcuni dei propri ospiti positivi al Coronavirus. Entro lunedì 27 aprile dovrebbero essere acquisiti tutti i pareri necessari e, con l’avallo della Regione Piemonte, si potrà disporre di circa 30 posti letto per ricoveri di pazienti positivi al CoVID- 19.
Nel mentre, già nei giorni scorsi, sono state trovate soluzioni idonee anche fuori provincia: alcuni pazienti, infatti, sono già stati trasferiti in strutture torinesi, tra cui le Officine Grandi Riparazioni (O.G.R.).
“Il citato caso dell’Urologia – sottolinea Giovanni Messori Ioli – vede ricoverati oggi alcuni pazienti, ma è da intendersi come una misura assolutamente temporanea. Sin dall’inizio dell’emergenza, la Regione ci ha chiesto di ricavare 206 posti letto (tra degenza, terapia sub-intensiva e rianimazione) dedicati ai pazienti CoVID-19 positivi, numeri che abbiamo prontamente raggiunto e che, fortunatamente, non abbiamo mai superato, neppure nei giorni di picco massimo”.
Parallelamente, si registra un netto miglioramento rispetto allo stato di necessità dei posti letto di Rianimazione: ad oggi sono 12 quelli occupati, a fronte degli oltre 20 disponibili.
Infine, grazie al potenziamento delle attività di Usca (Unità speciale di continuità assistenziale) e Sisp (Servizio di igiene e sanità pubblica), l’Azienda sanitaria sta seguendo con la massima attenzione la situazione di RSA ed altre Strutture residenziali, in particolare quelle che presentano maggiori criticità, riuscendo ad assicurare un monitoraggio giornaliero e costante ed avendo raggiunto una capacità diagnostica massima fino a circa 350/400 tamponi al giorno.