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Palio, parla Mario Vespa: l'emozionedi un Capitano tifoso del Torino
Attualità

Palio, parla Mario Vespa: l'emozione
di un Capitano tifoso del Torino

Mario Vespa è stato fino all’anno scorso il Capitano del Palio. Gli “addetti ai lavori” gli hanno sempre riconosciuto equilibrio, imparzialità e serietà nello svolgimento del suo incarico

Mario Vespa è stato fino all’anno scorso il Capitano del Palio. Gli “addetti ai lavori” gli hanno sempre riconosciuto equilibrio, imparzialità e serietà nello svolgimento del suo incarico mentre la gente comune lo ha apprezzato e lo apprezza ancora per le sue doti umane e quel modo di fare riservato ma allo stesso tempo cordiale.
Insieme alla moglie Elena, Mario ha saputo affrontare con immensa dignità la tragica perdita dei figli Enrico e Ilaria, che un destino spietato e beffardo si è portato via troppo presto.
Ora quei due angeli rivivono attraverso l’attività della Onlus che porta il loro nome per mandare avanti progetti benefici a favore di bambini in difficoltà: “L’idea di Enrico e Ilaria sono con noi Onlus – mi spiega Mario –  è nata quando ancora ero nel letto d’ospedale a seguito dell’incidente stradale che ci ha coinvolto tre anni fa. Fin da subito ho infatti sentito la necessità di fare qualcosa per gli altri affinché la vita mia e di Elena potesse avere ancora un senso. Dunque nell’aprile 2011, con l’aiuto di un gruppo di amici, l’attività della Onlus è partita concretamente cercando di raccogliere non solo tra noi amici ma anche tra le persone di buon cuore somme di denaro per bambini in difficoltà.
L’Associazione ha già effettuato donazioni a favore del reparto di fisioterapia infantile e di quello di pediatria dell’ospedale Massaja e ora vogliamo lavorare con i Servizi Sociali del Comune coinvolgendo l’Ordine dei medici dentisti per offrire visite odontoiatriche gratuite per i figli di nuclei famigliari in difficoltà. Inoltre siamo stati al fianco della Collina degli Elfi di Govone avendo finanziato il recupero di un’ala della struttura per il recupero psicologico di bambini che sono in fase di remissione della malattia dopo aver avuto il cancro. Crediamo molto nell’impegno fatto dagli operatori per aiutare i piccoli ad avere nuovamente fiducia nella vita”.

Una fiducia nella vita che Mario ha riconquistato grazie anche, e soprattutto, alla vicinanza degli amici. In tanti sono stati al fianco della coppia nei momenti duri del recente passato. “Senza di loro probabilmente non ce l’avrei fatta” mi confida mentre parliamo accomodati ad un tavolino del dehor dell’Hard Bar di via Incisa, location scelta questa settimana per ‘Un caffè con’. Stavolta a dispetto del nome della rubrica e dato il caldo torrido decidiamo di ordinare una cedrata, bevanda rinfrescante certamente più idonea ad accompagnarci più piacevolmente nella nostra chiacchierata che inevitabilmente approda alla sua esperienza nell’ambiente del Palio, conclusasi l’anno scorso dopo sette anni passati alla guida della manifestazione astigiana: “Quello che mi porto nel cuore è la grandissima vicinanza avvertita da parte della gente: mi è capitato più volte di sentire concretamente e tangibilmente questa vicinanza intorno a me in un abbraccio ideale quanto reale. Ancora oggi passeggiando per le vie della città mi capita di essere riconosciuto e salutato con benevolenza ed affetto e credo che ciò sia la cosa più bella che mi ha lasciato la mia esperienza nel mondo del Palio”.

L’amore per la competizione ce l’ha da quando era un bambino e precisamente dal 1967, anno della ripresa, quando lui di anni ne aveva soltanto nove. Da allora non si è mai perso un’edizione della corsa. “Ho respirato sin da piccolo il clima della manifestazione e mi sono subito ed immediatamente innamorato del gruppo del Capitano vedendo correre gente come Pasetti prima e Coppellotti poi. Mi affascinava questo personaggio che guidava la corsa e devo dirti che già da quella tenera età sentivo nel cuore il desiderio di diventare un giorno Capitano. Parallelamente mi piacevano tantissimo i cavalli e avrei voluto comprarmene uno solo che all’epoca la mia famiglia di origine non poteva davvero permettersi questa considerevole spesa. Più grandicello ho comunque iniziato a prendere lezioni di equitazione e poi iniziando a lavorare mi sono finalmente regalato un cavallo. Nel 1988 sono entrato nel gruppo del Capitano dapprima sotto la guida di Quirico e poi con Raviola. In seguito con Sodano sono diventato magistrato ed infine eletto Capitano”.

Un’autentica realizzazione di un sogno per il Mario bambino che se potesse vedere il Mario uomo ne sarebbe orgoglioso e contentissimo come solo i bambini che hanno dimestichezza con i sogni ad occhi aperti sanno essere. Tantissimi i ricordi che si affastellano nella sua mente ripensando agli anni in cui era la massima autorità sulla piazza. Non sempre tutto fila liscio e, come sanno bene gli appassionati, la terza domenica di settembre non mancano nel catino momenti di tensione. Un Capitano deve avere la situazione in pugno e sapersi rapportare in maniera autorevole e grintosa con alcuni degli altri attori della corsa settembrina come fantini e mossiere. “Con i fantini c’è sempre stato un rapporto schietto e franco. Con il mossiere si deve instaurare un feeling particolare poiché l’obiettivo di entrambi deve essere quello di portare avanti un bel Palio, senza incidenti, e soprattutto nel rispetto delle regole. C’è una foto a cui sono molto affezionato scattata da Giulio Morra che ritrae il sottoscritto insieme a Renato Bircolotti, mossiere di un’edizione di qualche anno fa nella quale c’erano state parecchie contestazioni. Sembra quasi che con il mantello del mio scenografico costume voglia proteggerlo. Quel gesto anche a livello simbolico fa capire la grande vicinanza fisica e d’intenti che ci deve essere tra mossiere e Capitano”.

Se poi il Capitano riesce ad essere umile senza perdere autorevolezza allora il gioco è più bello per tutti. “Posso proprio dirlo: talvolta ho avuto il coraggio di ammettere i miei errori. E ti dico coraggio non a caso perché alzare la mano e chiedere scusa per qualche errore non è da vigliacchi ma da persone corrette. A volte invece si è sempre pronti a scaricare la colpa sugli altri, non assumendosi la propria parte di responsabilità.” Oltre ai cavalli e al Palio, un’altra passione di Mario è il calcio. Forse non tutti sanno che in gioventù è stato un portiere di buon livello, con una militanza prima nel San Domenico, poi nell’Asti Macobi ed infine nel Santa Caterina. Il nonno che portava il suo stesso nome lo ha cresciuto a pane e Toro senza però renderlo un ultrà sfegatato ed intransigente. “Più che altro sono uno sportivo e pensa che, pur con il cuore granata, quando la Juventus gioca in Coppa dei Campioni riesco persino a sostenerla in quanto squadra italiana. E senza gufare!”

Prima di salutarci Mario mi parla con emozione di un’entusiasmante amichevole al mitico stadio Filadelfia proprio contro il Torino di Pulici e Graziani. “Avevo quindici anni e con l’Asti Macobi, tra l’altro vivaio della società granata, andammo a disputare questa partita contro la prima squadra del Toro. Non ricordo quanti goal presi ma solo l’emozione infinita di stare sullo stesso campo con i miei campioni. Indescrivibile, credimi. Pensa che prima di abbandonare il calcio sono stato addirittura in procinto di passare nelle giovanili del Torino ma al calcio ho preferito lo studio e il lavoro. Nella vita a volte vanno fatte delle scelte e per me allora conciliare tutto sarebbe stato davvero impossibile”. Beh, chissà, se qualche anno fa Mario avesse compiuto una scelta diversa magari non sarebbe arrivato ad essere Capitano del Palio ma Capitano… del Toro!

Bartolo Gabbio

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