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Attualità
Raduno Paracadutisti

Paracadutisti ad Asti, perchè il lancio del bandierone (unico al mondo) è così difficile

Parla il colonnello Paolo Filippini, ideatore e creatore del tricolore di 1600 metri quadri. Racconta la storia del progetto e i rischi che si corrono

Il lancio della bandiera tricolore più grande al mondo sullo stadio Censin Bosia di oggi pomeriggio così spettacolare è il frutto di anni di lavoro, di studio e di coraggio del colonnello Paolo Filippini, paracadutista di carriera ormai in pensione.

E’ lui stesso a raccontare le difficoltà enormi di un lancio del genere.

Intanto per il peso. La  bandiera tricolore più grande al mondo, pur essendo realizzata in una stoffa sottilissima e leggerissima, insieme ai pesi per tenerla tirata e alla “valigia” che la contiene per il lancio, pesa in tutto circa 130 chilogrammi, un po’ meno del doppio del peso del paracadutista.

Una bandiera che non esisteva prima che Filippini decidesse che era ora di farne una da record. Iniziò con quella da 300 metri quadri, poi passò a quella da mille metri quadri finanziata dall’Anpd’I nazionale per arrivare a questa da 1600 metri quadri realizzata dallo stesso colonnello e dalla moglie Ornella.

«Io ho tagliato  tutte le strisce di stoffa con precisione millimetrica e mia moglie le ha cucite» ha raccontato all’atterraggio.

Ma non solo. Per sostenere uomo, baule contenitore e bandiera, serviva un paracadute speciale, in grado di sostenere almeno 200 chilogrammi e così Filippini, dopo il tricolore si è preoccupato di adeguare un paracadute normale a questa esigenza.

«E’ stato un progetto che mi ha coinvolto molto – ammette – perchè mette insieme matematica, fisica, scienza e le competenze aeronautiche e aerodinamiche all’artigianalità di realizzare dal nulla qualcosa che prima non esisteva e per la quale non esistono manuali di costruzione».

E qui arriva il coraggio da leoni. Perchè anche se sulla carta i calcoli erano tutti esatti e tutto sarebbe dovuto filare liscio, è solo facendo decine di lanci di prova che il colonnello Filippini ha potuto affinare il perfezionamento della bandiera e, soprattutto, il suo metodo di lancio.

«Non è mica tanto comodo il lancio con il bandierone – spiega ancora lui  – perchè sull’elicottero che mi porta in quota sono semisdraiato sul baule, devo uscire con una certa manovra e in aria devo continuamente “misurare” il vento perchè anche la minima folata, con quel poso, può portarmi fuori bersaglio e devo sempre fare in modo di poter sganciare in qualunque momento il contenitore nel caso in cui non fossi più sicuro di poter dispiegare la bandiera o atterrare in sicurezza, per non rischiare di farmi portare giù».

Una volta a terra può contare su una squadra di una quindicina di paracadutisti dell’Anpd’I incaricati di ripiegarla secondo le regole ferree da lui dettate per averla pronta al prossimo lancio.

Nella foto (Ago) di copertina il colonnello Paolo Filippini in primo piano sorridente subito dopo l’atterraggio compiuto con il paracadutista astigiano Claudio Borin (dietro di lui).

 

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