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Peter Gomez e la (quasi) libertà di stampa: «Liberi di dire ma non di sapere»

Il suo intervento al Circolo Nosenzo ad Asti

Incontro partecipato quello che si è tenuto venerdì sera al Circolo Nosenzo con il giornalista Peter Gomez invitato ad Asti dall’Associazione Culturale “Guglielmo Pasta” fondata e presieduta dal figlio, l’avvocato Alberto Pasta.
Proprio lui ha condotto un talk con il direttore dell’edizione web de Il Fatto Quotidiano. Importante il tema trattato, la libertà di stampa a prtire da un dato poco confortante: l’Italia è al 41.mo posto nella classifica mondiale di garanzia di libertà di stampa. Siamo dietro, tanto per intenderci, a Paesi come il Burkina Faso, il Ghana, la Lituania, il Botswana.
«Siamo liberi di dire ma non di sapere – esordisce Gomez – e questo affonda nel fatto che in Italia sono pochi gli editori puri, hanno tutti altri business come le costruzioni edili, il settore automobilistico, le cliniche sanitarie, per fare alcuni esempi. E i giornali per loro sono strumenti di rapporto con le amministrazioni pubbliche».
Per Gomez questa situazione lede la libertà del giornalista che spesso arriva ad autocensurarsi. «Dovremmo essere come gli arbitri di calcio, imparziali e severi anche quando questo non ci piace. Perchè da come rappresentiamo la realtà derivano importanti conseguenze per tutta la comunità. Eppure non è così. Penso, ad esempio, alla campagna stampa di critica feroce, bipartisan, che ha travolto l’ex presidente Conte fin dal suo insediamento. Tutto per preparare l’arrivo di Draghi».
E il giornalismo d’inchiesta?
«Costa soldi e tempo. E gli editori non possono permetterselo».
Sul fronte locale, realtà che Gomez ha conosciuto bene agli albori della sua carriera, riconosce che la libertà di stampa è sempre minore quanto maggiore è il peso pubblicitario di pochi inserzionisti. Se il gettito pubblicitario fosse più polverizzato, la libertà dei giornalisti sarebbe maggiormente garantita.
Fra un aneddoto e l’altro (compreso quello sul faccendiere siciliano Rapisarda a lungo impegnato in una miliardaria causa con la Banca d’Asti) Gomez non ha risparmiato autocritiche alla categoria: «L’America, nella vittoria non prevista di Trump, ha dimostrato che spesso i giornalisti scrivono dalle scrivanie delle loro redazioni con sede nelle metropoli e hanno perso il contatto con il territorio, con la “provincia” quella che poi decide. E le grandi città sono tutte progressiste. Per avere il polso della situazione bisogna tornare in strada, parlare con la gente, toccare con mano i problemi della massa che poi va al voto».
Con un passaggio finale sulla necessità di avere un Osservatorio sulla comunicazione che vigili sulla separazione fra messaggi istituzionali e propaganda politica a pagamento sui media per una informazione commerciale più corretta se viene fatta usando i soldi pubblici.

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