La tradizione contempla una serie di collegamenti rituali fra il mondo dei vivi e quello dei morti che nella realtà cattolica si manifesta nella notte di Ognissanti e il successivo giorno dei morti. L’antica credenza romana del periodico ritorno delle anime dei defunti nelle loro case si riscontra ancora nel ‘900 anche in Monferrato.
La magica notte del 1° novembre nessuno usciva di casa per evitare brutti incontri con i morti che facevano ritorno alla loro dimora terrena. Essi uscirebbero dal cimitero in processione, percorrendo a ritroso la strada che dovettero fare per la sepoltura. Era opinione diffusa che in quell’occasione essi riprendessero le loro sembianze umane e per questo occorreva preparare la mensa e riscaldare la casa che visitavano.
Alle finestre si accendevano lumini per rischiarare il percorso e si lasciavano aperte porte o finestre affinché l’anima del defunto potesse entrare nella dimora dei vivi. Prima di andare a dormire si apparecchiava la tavola e si lasciavano cibi rituali: tra questi, quello più rappresentativo e largamente diffuso in Piemonte era la castagna. Solitamente bollite (o arrostite), le castagne erano lasciate sul tavolo della cucina, sui gradini delle scale, sotto il cuscino. Il pasto poteva essere arricchito con pane, formaggio, fagioli, vino. Nelle campagne la sera di Ognissanti le campane suonavano fino a mezzanotte. In tutte le case si recitava il rosario, solitamente da parte di un’anziana, che sgranando la corona pronunciava i Misteri in latino, storpiando le parole, di cui non comprendeva il significato.