Giù le mani dagli uffici postali. A sostenerlo è lon. Massimo Fiorio (PD) che ha presentato uninterrogazione alla Camera insieme ai colleghi Cristina Bargero e, al Senato, Daniele Borioli per
Giù le mani dagli uffici postali. A sostenerlo è lon. Massimo Fiorio (PD) che ha presentato uninterrogazione alla Camera insieme ai colleghi Cristina Bargero e, al Senato, Daniele Borioli per bloccare la razionalizzazione dei servizi postali. NellAstigiano i tagli porterebbero alla chiusura definitiva degli sportelli di Montemarzo e Castagnole Lanze ma anche alla riduzione dellorario settimanale ad Azzano, Berzano San Pietro, Bruno, Casorzo, Castelletto Molina, Castel Rocchero, Castelnuovo Calcea, Cerreto, Cinaglio, Cisterna, Corsione, Cortanze, Cunico, Fontanile, Grazzano Badoglio, Maranzana, Moasca, Mombaldone, Penango, Pino, Quaranti, Robella, Rocca dArazzo, Roccaverano, Rocchetta Palafea, San Marzano Oliveto, Settime, Viale, Villa San Secondo.
«Le esigenze di razionalizzazione di Poste Italiane non devono concorrere a determinare unulteriore marginalizzazione dei piccoli comuni – commenta Fiorio – Chiediamo al Governo di verificare se lintervento di riorganizzazione delle Poste sia coerente con il Decreto Scaiola, che dal 2008 fissa i criteri per la distribuzione degli uffici postali sul territorio nazionale, e di prevedere misure correttive laddove venisse leso il carattere universale del servizio. Condivido le preoccupazioni per le ricadute del piano di razionalizzazione che nellAstigiano andrebbe a interessare comuni, sia piccoli che di medie dimensioni, con una popolazione in buona parte anziana, talvolta già privi di altre strutture essenziali o fortemente interessati a non perdere servizi perché impegnati a rendere appetibile il loro territorio valorizzato con il riconoscimento Unesco.
Le Poste sono un punto di riferimento per la popolazione delle nostre comunità periferiche e, nonostante i molti mutamenti di natura conosciuto negli ultimi anni, continuano a essere considerate non solo come dei semplici e pur fondamentali erogatori di servizi, ma come un presidio che segna la presenza dello Stato. E perciò necessario approfondire al più presto le ricadute del piano di riorganizzazione, che in Piemonte prevede la chiusura di 40 sedi e il depotenziamento di altre 130».