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Casa di reclusione presentazione libro Una penna per due mani
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Presentato il libro “Una penna per due mani” scritto da studenti e detenuti

Ieri nella casa di reclusione di Quarto la tappa finale del percorso che ha coinvolto due classi del liceo Monti

Si intitola “Una penna per due mani” ed è un libro caratterizzato da una doppia copertina, che introduce a pagine ricche di riflessioni, ricordi, emozioni e pensieri. Da un lato a firma di un gruppo di studenti del liceo Monti (classi VUA e V UC del liceo Scienze umane, anno scolastico 2023/2024), dall’altro di un gruppo di detenuti della casa di reclusione di Quarto.
Sì, perché il volume, pubblicato da Team Service Editore, è il risultato di un percorso di studio, che ha coinvolto gli studenti, inerente alle principali teorie della devianza e agli incontri con le diverse figure dell’area trattamentale (educatori, garanti, poliziotti penitenziari). Un percorso che ha compreso, oltre alle classiche lezioni frontali a scuola, anche la partecipazione allo spettacolo “Fine pena ora” nel teatro del carcere e ad incontri con i detenuti.

La presentazione

A presentare il libro, ieri (mercoledì) nel teatro della Casa di reclusione, Beppe Passarino, volontario dell’associazione Effatà, che opera all’interno della struttura penitenziaria, insieme al comandante del personale in servizio nella casa circondariale, il commissario capo della Polizia penitenziaria Leonardo Colangelo, al dirigente del liceo Monti quando il progetto era partito, Giorgio Marino, affiancato dalla professoressa Lombardi che ha seguito i ragazzi nel percorso, e alla nuova dirigente della scuola, Claudia Cerrato.
Presenti, tra gli altri, il Questore di Asti, Marina Di Donato, studenti e detenuti protagonisti del percorso.
«Il libro – ha spiegato la professoressa Lombardi – presenta una doppia linea di lettura. Tra le due parti, scritte da detenuti e ragazzi, c’è una precisa correlazione. Infatti ad ogni pagina di una sezione corrisponde nell’altra, in modo speculare, un testo analogo per stile espositivo e tema affrontato. Le due letture convergono nelle pagine centrali, precisamente in due disegni, che rappresentano una camera arredata con cura e una cella disadorna».

Il percorso

La docente ha quindi raccontato la reazione degli studenti e dei detenuti. «In occasione del primo incontro, al termine della visione dello spettacolo teatrale “Fine pena ora” – ha affermato – i ragazzi apparivano impacciati e timorosi, mentre i detenuti mostravano una sorprendente disinvoltura e un forte desiderio di condividere i loro stati d’animo. Col passare del tempo, l’iniziale distanza tra i due gruppi ha cominciato a ridursi. Particolarmente toccante, in tal senso, è stato l’ultimo incontro del 23 aprile, quando studenti e detenuti, scambiandosi i testi che avevano scritto a mano, si sono potuti confrontare su fatti di attualità ed esperienze personali, anche molto drammatiche. Un momento che dimostra come sia possibile, oltre che doveroso, appropriarsi di uno spazio solitamente isolato dalla città affinché i detenuti, grazie ad una relazione costante e costruttiva con il mondo esterno, possano riappropriarsi della loro vita, anche se condannati all’ergastolo».
Molto soddisfatto Beppe Passarino, che ha annunciato la decisione di presentare il volume in altre tre occasioni (nella maggior parte dei casi in date da definire): alla Biblioteca Astense, a FuoriLuogo e al Salone internazionale del libro di Torino, il 18 maggio a Lingotto Fiere, all’interno dello stand del Centro servizi per il volontariato Asti Alessandria.

Il video

In occasione dell’incontro è stato anche proiettato un video, a cura degli studenti del “Monti” che stanno frequentando il laboratorio di Produzione video tenuto da Alessio Mattia, incentrato su interviste a funzionari della Polizia penitenziaria e sulle opinioni di studenti e detenuti in merito al progetto che li ha coinvolti. Nel primo caso sono emersi spesso i concetti della necessità dei detenuti di riscoprire la loro identità, chi sono e cosa vogliono fare nella vita. «Mi aveva colpito – ha affermato un funzionario – un detenuto proveniente dalla criminalità organizzata, che mi aveva detto che in carcere aveva trovato la libertà di non uccidere».
Da parte dei protagonisti, poi, è risultata frequente una considerazione che accomuna studenti e detenuti, ovvero la necessità di trovare un posto nel mondo e di cercare l’indipendenza. I ragazzi, inoltre, si sono dichiarati soddisfatti del percorso svolto, giudicato «un’esperienza unica, profonda, che ha instillato la consapevolezza dell’importanza di consentire la riabilitazione dei detenuti».

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