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Prostitute madri ma clandestinein cerca d'aiuto, due casi
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Prostitute madri ma clandestine
in cerca d'aiuto, due casi

Sono due storie fresche fresche e insolitamente uguali. L’ultima è di appena una settimana fa. «Un giorno mi telefona una ragazza nigeriana di Torino, giovanissima -racconta Alberto Mossino,

Sono due storie fresche fresche e insolitamente uguali. L’ultima è di appena una settimana fa. «Un giorno mi telefona una ragazza nigeriana di Torino, giovanissima -racconta Alberto Mossino, presidente del Piam la onlus che si occupa di sostenere le donne vittime di tratta- mi ha chiesto di poter venire a parlare all’associazione, le ho dato appuntamento alla stazione di Asti ma quando è scesa dal treno era già in travaglio. Non sapevamo che fosse incinta a fine termine. Non abbiamo neppure avuto il tempo di chiederle il nome, ma abbiamo solo pensato a portarla in ospedale dove, nella notte, ha partorito. Adesso è ancora ricoverata, ma quando uscirà dovrà pur trovare un posto protetto». Appena un mese fa, sempre Mossino, è stato chiamato da una ragazza nigeriana che vive a Verona. Anche lei è rimasta incinta senza volerlo, si è rifugiata prima in una casa di accoglienza e poi in una struttura gestita da suore, con il suo piccolo di 15 giorni.

Ma al rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno, le suore l’hanno messa alla porta, perchè non volevano saperne di aiutare una clandestina. Quella arrivata alla stazione di Asti è una prostituta nigeriana giovanissima, fragile, debole, con bassa scolarizzazione. Una che non è ancora pronta allo “sgancio” dall’organizzazione della tratta. Quest’ultimo, infatti, è un percorso difficile, che arriva dopo anni di brutture, quando le donne riescono a costruire una consapevolezza di un’altra vita possibile fuori dai marciapiedi. Non è il caso di questa ragazza che però è scappata lo stesso dalla sua “madame”. Deve essersi prostituita fino a qualche giorno prima del parto, poi quel bambino (scarsissima anche l’informazione sulla prevenzione di gravidanze indesiderate fra le ragazze schiave del sesso) è entrato nel suo cuore ed è scappata perchè aveva paura che glielo togliessero, che gli facessero del male. «Ma da qui alla denuncia dei suoi sfruttatori il passo è lungo -spiega Mossino- e forse la ragazza non ha neppure tutte le informazioni che potrebbero servire per un racconto circostanziato e utile agli investigatori».

E allora quale sarà il suo futuro? «La legge prevede che le ragazze vittime di tratta possano ottenere il permesso di soggiorno per due motivi -spiega ancora Mossino- il primo è che denuncino in modo preciso i loro sfruttatori. Il secondo, ed è questo il caso, per motivi umanitari. Ma le Questure non prendono in considerazione questa seconda ipotesi e le ragazze rimangono clandestine. Noi non possiamo aiutarle e loro devono continuare a nascondersi con i loro bimbi appena nati». E lancia un appello a famiglie astigiane che vogliano occuparsi di sostenere queste due donne con bambini piccoli. Non tanto economicamente, ma attraverso un affiancamento che consenta loro di potersi rialzare, di alfabetizzarsi, di seguire corsi di formazione, di trovare un lavoro e al contempo di crescere il loro figlio. Lontano dalla strada.

Daniela Peira

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