Incontro in streaming su “L’Europa dopo il Covid”
«E’ indubbio che la pandemia ci abbia lasciato la lezione di trovare risposte comuni in un tempo breve e ci abbia anche detto molte cose sulle nostre fragilità. Al tempo stesso però abbiamo riscoperto molte consapevolezze. Le Istituzioni europee hanno messo a disposizione strumenti e la libertà di usarli o non usarli».
Sono le parole del Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli che nei giorni scorsi, in collegamento da Bruxelles, ha partecipato all’incontro in streaming “L’Europa dopo il Covid. Il tempo dell’ideale. Il ritorno degli ideali”, promosso dalle Fondazioni Giovanni Goria di Asti, Carlo Donat-Cattin e Vera Nocentini (di Torino).
Un incontro che ha unito tre città: Torino, Roma, Bruxelles. Dalla sala torinese del Polo del ‘900 sono intervenuti Beppe Novero, giornalista e moderatore; Marcella Filippa, direttrice della Fondazione Vera Nocentini; Gianfranco Morgando, direttore della Fondazione Carlo Donat-Cattin; Carlo Cerrato, segretario generale della Fondazione Giovanni Goria e Giorgio Merlo, giornalista. In collegamento da Roma Padre Francesco Occhetta, gesuita, giornalista e scrittore; Innocenzo Cipolletta, economista e consigliere del Censis.
Le parole di David Sassoli
Da Bruxelles, Sassoli ha sottolineato che «abbiamo bisogno di riscoprire una vocazione comune. Ho sentito parole nuove rispetto agli anni passati. Mi ha colpito l’atteggiamento di un grande Paese come la Germania che si è espressa molto rapidamente sulla convenienza di una risposta comune. Non è un caso che oggi parta un semestre di presidenza che mi auguro permetterà ai nostri Paesi di alzare la testa».
Per il Presidente Sassoli sarebbe però parziale non darsi degli obiettivi e finalizzare tutto.
«Il nostro punto di riferimento dovrà essere l’Europa del 2050, creando un nuovo modello di sviluppo che sappia affrontare tutte quelle fragilità che la pandemia ha portato allo scoperto in modo così tragico. Se ci fermassimo solo a tamponare, forse non servirebbe il nostro compito, dobbiamo guardare più in là. Tutti gli sforzi che vengono fatti in materia di stanziamenti devono essere accompagnati dagli sforzi per costruire una nuova Europa, non certo con l’esaurimento delle esperienze nazionali, ma valorizzando tutto questo e lavorando a una partecipazione che faccia proposte, come hanno fatto i giovani sul clima, influenzando e orientando il nostro operato».
«Europeismo – ha continuato – non è ideologia, è il riconoscimento di un campo comune. Dovremo aiutare i nostri Paesi a essere all’altezza dei compiti che hanno in questo momento. Non basta dire che arriveranno i soldi, ma aiutarli a utilizzare queste risorse. Questa sarebbe la migliore risposta».
Sassoli ha insistito molto sul fatto che se vogliamo più democrazia in Europa servono Paesi Europei. E’ un campo in cui l’Italia e la cultura cattolica-democratica italiana possono dare un grande contributo. «Dobbiamo abituarci – ha continuato – a essere più autosufficienti. Questa crisi sta facendo vacillare tutti, ma ci dà anche l’opportunità di riflettere sulla nostra indipendenza e autonomia».
A chi gli ha chiesto attraverso i social come fare a formare una nuova classe dirigente ha risposto che «le classi non nascono in laboratorio, ma dalle comunità che si mettono in cammino». Per poi aggiungere: «C’è un dibattito politico in Italia che non è all’altezza di questo momento».
Gli altri interventi
Durante l’incontro numerosi interventi hanno posto l’attenzione sulla necessità di un riformismo concreto, partendo da un ritorno all’idealismo, a quell’ideale che è «fuoco che accende altri fuochi e che riemerge se ci si impegna ad ascoltare la realtà», come ha ricordato Padre Occhetta.
Giorgio Merlo ha messo l’accento sui ruoli decisivi che ha e deve avere l’Europa. Il primo è il ruolo politico-sociale e culturale, perché l’Europa non deve essere intesa solo come sussidio economico. Il secondo ruolo dell’Europa si concentra nel rapporto che deve avere con i singoli Paesi.
Ha parlato a lungo dell’impotenza della politica il giornalista Claudio Sardo, della grande fatica che fa a intercettare il contatto con la gente, tema ripreso anche da Sassoli che ha insistito sull’esigenza di un sistema politico orizzontale. Per Sardo però la pandemia può essere anche una chance per la politica e una svolta per l’Europa, se saprà costruire un cambiamento di strategia e se saprà rilanciare una cultura popolare.