Penultima posizione, per Asti, nella classifica sulla qualità delle mense scolastiche stilata dall’associazione Foodinsider, osservatorio nato nel 2015 per monitorare l’equilibrio delle diete proposte a scuola.
Nei giorni scorsi, presso la sala stampa della Camera dei Deputati, si è infatti tenuta la presentazione dei risultati del 6° Rating dei menu scolastici, indagine annuale che si conclude con la pubblicazione della classifica delle migliori mense scolastiche con lo scopo di “promuovere e rendere visibili quei modelli di mensa che non hanno l’obiettivo di saziare, ma di nutrire ed educare”.
Come sottolineato dagli stessi organizzatori, “l’indagine non assume una valenza scientifica, ma vuole rilevare la frequenza, la qualità degli alimenti e l’impatto sull’ambiente dei menu offerti dalle mense scolastiche”.
Per l’indagine è stato adottato l’impianto del questionario “Menu a punti” sviluppato dall’Asl2 di Milano, i cui parametri si basano sulle Linee Guida della Ristorazione Scolastica, sulle Raccomandazioni dell’OMS, le indicazioni della IARC e i Criteri Ambientali Minimi (CAM).
Presi in esame i dati fatti pervenire da 54 Comuni italiani: al primo posto Fano, seguita da Cremona e Parma (parimerito al secondo posto) e Jesi; fanalino di coda Lecce (terz’ultima), Asti e Novara.
I migliori Comuni si distinguono per la biodiversità dei piatti, l’equilibrio della dieta, la capacità di elaborare ricette e la qualità delle materie prime, in gran parte biologiche, ma anche per la varietà di pesce, anche fresco, come Jesi (che propone alici, cefalo, triglia, gallinella sgombro, sugarello e molo, in base al pescato del giorno).
La classifica
Presi in esame i dati fatti pervenire da 54 Comuni italiani: al primo posto Fano, seguita da Cremona e Parma (parimerito al secondo posto) e Jesi; fanalino di coda Lecce (terz’ultima), Asti e Novara.
I migliori Comuni si distinguono per la biodiversità dei piatti, l’equilibrio della dieta, la capacità di elaborare ricette e la qualità delle materie prime, in gran parte biologiche, ma anche per la varietà di pesce, anche fresco come Jesi (che propone alici, cefalo, triglia, gallinella sgombro, sugarello e molo, in base al pescato del giorno). Da tenere presente che in quest’anno scolastico dominato dalla pandemia alcune mense non sono mai partite, altre hanno lavorato pochissimi giorni e altre hanno ridotto il numero di pasti perché sono stati riformulati gli orari e diminuiti i rientri.
I commenti e le criticità rilevate
“La cattiva notizia che emerge dall’indagine – commentano da Foodinsider – è che sono sempre di più i menu che offrono cibi processati, come le carni conservate e ultra-processati, passando dalla percentuale del 75,5% dello scorso anno all’81,5% di quest’anno. Un dato che va di pari passo con l’aumento della frequenza di carni rosse. Le mense diventano così sempre più una collezione di piatti veloci che hanno l’obiettivo di saziare (come pasta in bianco, pizza, bastoncini, hamburger, crocchette, formaggio spalmabile yogurt e budino) e rappresentano sempre meno la vera mensa scolastica che ha insito l’onere di educare, oltre che nutrire. Inoltre si continuano a trovare menu squilibrati con pasti iperproteici dati dalla somma di piú proteine, vegetali e animali (come pasta e fagioli, frittata e piselli oppure pasta e ceci, rollé di tacchino e piselli prosciuttati)”.
“Diminuite, poi – proseguono – le mense che somministrano il pasto con stoviglie lavabili, scendendo dal 65% al 59%. Un dato peggiorativo che significa tanto ‘usa e getta’ sia in refettorio che in aula, soluzione che non va nella direzione della sostenibilità come indicato invece dal Ministero dell’Ambiente. Inoltre l’alibi del Covid ha tenuto fuori dalle ispezioni i commissari mensa: solo il 7,9% del nostro panel di genitori ha dichiarato di aver potuto fare ispezioni con regolarità, il 17% solo poche ispezioni, e il 75,1% non è stato autorizzato ad entrare a scuola per adempiere all’attività ispettiva”.
“Si allarga la forbice tra la mensa resiliente – conclude Claudia Paltrinieri, presidente dell’associazione – che, nonostante le difficoltà organizzative dovute al consumo del pasto in classe, ha investito per migliorare o mantenere alto lo standard qualitativo del servizio, rispetto a quelle mense dove il servizio è equiparabile ad una sorta di “fast food a scuola”, dove si è approfittato nel cogliere alla lettera l’indicazione del Comitato tenico scientifico di quest’estate, relativa alla ‘semplificazione’ del pasto, arrivando persino a sospendere la somministrazione dell’acqua”.
La replica
“E’ una classifica cui non credo molto – commenta Roberto Giolito, dirigente dei Servizi sociali ed educativi del Comune di Asti – non perché siamo arrivati penultimi, ma perché si basa sulle prescrizioni di una Asl diversa dalla nostra. Inoltre va sottolineato che viene fatta una classifica su 54 Comuni su un totale di 8mila, dato che la grande maggioranza non aderisce”.
“I dati – aggiunge Luisella Regge, responsabile dell’Unità Operativa Mensa – ci sono stati richiesti lo scorso settembre, all’inizio dell’anno scolastico, con un ulteriore aggiornamento in primavera. Comunque è una indagine in cui non ci ritroviamo molto, in quanto viene attribuita molta importanza ad alcuni parametri che nella nostra realtà non sono contemplati. Faccio qualche esempio. L’utilizzo nei menu dei grani antichi, non previsti nel nostro capitolato; la presenza della cucina interna nelle scuole, che da noi non esiste. In più alcuni parametri che era molto difficile rispettare quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria, come la scarsa produzione dei rifiuti. Prima del Covid, ad esempio, utilizzavamo stoviglie in ceramica, sostituite quest’anno da quelle monouso perché più sicure considerata la pandemia. O ancora, utilizzavano gli erogatori d’acqua, poi sostituiti dalle bottigliette in plastica per lo stesso motivo. Certo, non nascondo che quest’anno si siano verificate delle criticità, ma non vedo l’apporto che possa dare questa indagine alla risoluzione dei problemi”.
Indubbie, comunque, le criticità segnalate dalle famiglie, in particolare quest’anno, tanto che è stato avviato un percorso di confronto tra la Commissione cittadina mensa, formata da rappresentanti dei genitori e degli insegnanti, e l’Amministrazione comunale per migliorare la qualità del servizio e dei menu proposti. Percorso che ha portato nei mesi scorsi ad alcuni risultati concreti (come l’introduzione di modifiche al menu primaverile e lo svolgimento di un sondaggio rivolto a famiglie e docenti) e ha posto le basi per altre iniziative dal prossimo anno scolastico.
“Siccome sono presi in considerazione i dati di 54 Comuni su 8mila – ribadisce il sindaco Maurizio Rasero – la nostra idea è quella di non partecipare più. Sicuramente, comunque, ci impegneremo al massimo per risolvere le criticità emerse quest’anno. Un anno particolare, dominato dall’emergenza Covid e a cavallo dell’aggiudicazione dell’appalto del servizio, che da settembre sarà svolto da Vivenda SpA”.