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Quando nei giovani cresce il male di “voler essere gli altri”

Ogni generazione insegue i canoni di bellezza mainstream, ma con l’avvento dei social il malessere nel sentirsi “inadeguati” crea un disagio psicologico

A partire da Rita Hayworth, passando per Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, per giungere fino a Cindy Crawford, Monica Bellucci e Gigi Hadid, ogni decennio ha avuto le sue icone di bellezza, con canoni molto spesso agli antipodi. Dalla sensualità delle forme più procaci, alla semplicità di una figura più minuta e fine, dal corpo atletico e muscoloso a quello scheletrico, per arrivare ai giorni nostri, dove si sponsorizza una forma di una magrezza “sana”, con le curve ai punti giusti, visi vivi e luminosi.

La bellezza è dovunque intorno a noi: cinema, riviste, sculture.

Quante volte si dà enfasi a un viso e a un corpo bello e perfetto, piuttosto che a uno più anonimo e con delle imperfezioni? Quanto spesso si cerca di cambiare l’aspetto di una persona sciatta e normale, per renderla bella e importante? Anche diversi film si basano su questo concetto.

Se in un primo momento tutto ciò può apparire simpatico e divertente, riflettendoci bene viene da chiedersi come mai avvenga.

Coloro che subiscono le maggiori pressioni e conseguenze in tal senso sono senza dubbio i giovani. Quante volte gli adolescenti sono mira di commenti sul loro aspetto, anche dai loro stessi coetanei? Quanti di loro riescono a farseli scivolare addosso? E quanti no? Il problema è proprio questo: commenti apparentemente insignificanti possono influire molto su una persona, specialmente nel delicato momento della crescita.

L’immagine sui social

L’avvento dei social ha portato all’estremo il concetto di aspetto esteriore e trascinato nel vortice dell’apparenza anche chi non ne è interessato. Ci troviamo, quindi, di fronte a episodi di body shaming e cyberbullismo che colpiscono sia i ragazzi che le ragazze e portano a tragiche conseguenze come i disturbi alimentari, l’insicurezza, la depressione, l’autolesionismo, tutte manifestazioni del fatto di non riuscire a volersi bene così come si è.

D’altronde, seppur in un altro contesto, anche il grande Bob Marley negli anni ‘70 diceva che «fino a quando il colore della pelle sarà più importante di quello degli occhi, ci sarà la guerra» e tutto sembra continuare a dargli ragione, ampliando il campo di applicazione di queste parole.

Tuttavia, dai social, come TikTok o Instagram, giungono anche messaggi positivi: molti ragazzi si mostrano senza filtri e cercano di utilizzare questi potenti mezzi per trasmettere valori e contenuti più profondi, come affrontare i propri difetti con serenità, apprezzare il proprio corpo così com’è, cercando di valorizzarlo con il giusto make-up e vestiario adatto, parlare delle proprie esperienze belle o brutte che siano, in modo che possano essere d’aiuto anche a una sola persona.

Qualcosa sta cambiando

Per fortuna, qualcosa sta cambiando non solo online: nelle scuole ci sono moltissimi webinar e incontri su queste tematiche, sono stati attivati centri d’ascolto sia per genitori che alunni sin dalla scuola primaria; anche il governo, ad esempio, ha istituito nel 2018 la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare.

Vedere che alcune cose stanno migliorando è indice di evoluzione di una civiltà: sembra giunto il momento in cui vengono valorizzate le cose importanti, come le capacità, l’intelligenza, l’impegno, i sentimenti e non qualcosa di effimero come l’aspetto esteriore, che, comunque, risente inesorabilmente del tempo che trascorre ed è destinato a sfiorire.

La psicologa Cristina Armosino spiega come rispondere alla richiesta di aiuto

Com’è cambiato negli anni il rapporto che gli adolescenti hanno con il proprio corpo?

Nell’adolescenza, il rapporto con il corpo prende il sopravvento, provocando un senso di estraneità da esso, e si sperimentano nuove emozioni, molto più complesse e articolate di quelle dell’infanzia. Il desiderio di migliorare il proprio aspetto per omologarsi, essere alla moda, appartenere ad un gruppo, è un concetto che si ripete e oggi è ancora più amplificato, per il ruolo che l’immagine gioca in una società così legata all’apparenza.

Quali sono i maggiori “danni” a cui i giovani vanno incontro?

C’è chi si sente subito in sintonia con il “nuovo” corpo e chi vive una profonda insicurezza: si sente inadeguato, fragile e cerca continue rassicurazioni. Negli adolescenti il corpo e l’azione vengono prima del pensiero e della riflessione. Per questo sfogano impulsivamente la loro rabbia, impotenza e incomprensione sul corpo che non riconoscono più come proprio. Il tagliarsi e i disturbi alimentari, come l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa, rivolti verso di sé sono i più presenti e conosciuti. Il corpo parla al posto delle parole: forti mal di testa, di pancia, vomito, tachicardie, svenimenti, sensazione di mancanza di aria, attacchi di panico esprimono il loro profondo disagio.

Che ruolo rivestono i social?

Internet e i social hanno modificato una serie di paradigmi: la bellezza è spesso associata al successo, il corpo esprime la misura del valore sociale, l’immagine femminile è distorta, la normalità negata, la vecchiaia cancellata. Sono un modo per connettersi con gli altri, ma possono aggravare ansie o fragilità già presenti offline. L’esposizione a immagini manipolate genera il desiderio di avvicinarsi a modelli dei pari, ma anche di celebrità, per lo più irrealizzabili. Nonostante parecchi contenuti nascano con l’intento di promuovere una sana alimentazione e attività fisica, finiscono per caldeggiare risultati irraggiungibili con conseguente frustrazione, insoddisfazione del corpo, stress e addirittura disturbi patologici. Bisogna fare attenzione che la fruizione dei social network non mini l’autostima, rendendo i ragazzi vittime di body shaming e dismorfofobia. La maggior parte delle immagini non sono reali: chiunque con il foto-ritocco appare senza difetti.

A chi possono chiedere aiuto?

In primis alla famiglia. Per iniziare il genitore potrebbe richiamare alla memoria i tempi passati: chiedersi che ragazzo è stato, che desideri e fantasie aveva, che ribellioni aveva messo in atto, come si comportava con i suoi di genitori. È un esercizio che aiuta a sentirsi più vicino al proprio figlio. Se non fosse sufficiente, rivolgersi a un professionista può aiutare a vedere tutto sotto una luce diversa. La psicoterapia può essere un supporto sia per il ragazzo, che sentirà accolti i suoi segnali di disagio, sia per i genitori, che, condividendo il peso di questa delicata fase di crescita, si sentiranno compresi.

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