Su Rai Storia è andata in onda la puntata di “Storia delle nostre città” registrata ad Asti in estate
Circa 45 minuti di programma, tutto incentrato su Asti, per raccontare la nostra città a partire dalla presenza del mare, nel Pliocene, fino all’attuale tessuto economico e sociale.
Lunedì sera su Rai Storia è andata in onda la puntata astigiana di “Storia delle nostre città” nella quale, attraverso immagini e gli interventi di esperti, scrittori, critici d’arte, è stata raccontata la “vita di Asti” focalizzando l’attenzione su siti di interesse culturale particolarmente importanti.
Un programma che si è aperto con le immagini in bianco e nero del servizio televisivo Rai “Viaggio in Italia” di Guido Piovene, datato 1955, per poi riavvolgere la linea del tempo fino alle aree geologiche più antiche quando l’Astigiano era un mare con balene e delfini di cui il Parco Paleontologico conserva, ancora oggi, importanti testimonianze.
A parlare di quel periodo è stato chiamato il professor Marco Pellegrini, docente di Storia Moderna dell’Università di Bergamo.
Quindi l’epoca romana, focalizzata in tracce ancora presenti come la “Domus dei Varroni” risalente al I secolo d.C. di cui si è visto l’importante mosaico a pavimento. Della domus ha parlato Andrew Hopkins, docente di Storia dell’Architettura all’Università dell’Aquila.
E’ toccato a Anthony Majanlahti, storico e scrittore, ricordare l’importanza strategica di Asti durante l’impero romano grazie alla sua posizione di controllo della via Fulvia nella Gallia Cisalpina.
I fasti del medioevo e la successiva decadenza
Ma il cuore del documentario, che ha fatto abbondante uso di riprese aeree con droni per mostrare chiese, torri, mura, strade e monumenti vari, è stato dedicato all’Asti medievale, quella dei banchieri, delle famiglie che costruivano caseforti o alte torri dove nascondere i beni più preziosi.
E ancora: la conquista dei Longobardi, Carlo Magno che creò una contea di Asti trasferendo in città molti nobili di sua fiducia, l’arrivo di Papa Urbano II, che consacrò la Cattedrale nel 1095, vescovi, “anche guerrieri”, lotte fratricide tra le famiglie più ricche, i banchieri, Federico Barbarossa, il rapido passaggio della città in capo agli Sforza di Milano e il trasferimento, come dote di nozze, agli Orléans e quindi ai Savoia.
In pochi minuti il programma ha raccontato anche queste vicende che hanno garantito in certi casi i fasti, in altri la decadenza del prestigio di Asti e il suo contar sempre meno fino a quando, nel XIX secolo, venne inglobata sotto la provincia di Alessandria.
Nel programma si è parlato, come prevedibile, del Palio, di Vittorio Alfieri e della “rinascita” di Asti nel 1935 quando fu nominata provincia staccandosi di fatto da Alessandria. Da qui la riscoperta della vocazione vitivinicola, ancora oggi motore dell’economia locale.
A rendere grande Asti “c’è l’industria” e l’incauto paragone allo skyline di New York
Certo, durante la trasmissione, ci sono stati anche passaggi decisamente troppo azzardati come quando la voce fuori campo ha detto che a rendere grande Asti, oggi, sono “il vino e l’industria”: il vino di sicuro, ma di industrie ne sono rimaste davvero pochissime tant’è che si punta ad una nuova vocazione nel comparto della logistica.
Anche affermare che “un osservatore dotato di molta fantasia che guardi lo skyline al tramonto potrebbe scambiare Asti per la città del business: New York” (riferito alle presenza delle torri) è ben più che una licenza poetica di cui i puristi dell’orgoglio astigiano avrebbero da ridire. Infine un grave errore di traduzione mentre parlava uno degli esperti, in inglese, cui è stato fatto dire che Federico Barbarossa fu “imperatore della Svezia” anziché di Svevia.
L’intera puntata può essere rivista per alcuni giorni su Rai Storia e Rai Play.
Riccardo Santagati