Area industriale
Nel fondovalle di Robella, lungo la strada provinciale della Val Cerrina (arteria di collegamento fra Torino e Casale Monferrato), si era sviluppato nel corso del tempo intorno ai due storici alberghi del Cavallo Bianco e del Cavallo Grigio, un importante nucleo frazionale, caratterizzato dalla presenza di insediamenti residenziali, produttivi, artigianali e commerciali, che ne hanno definito la connotazione urbanistica.
Due le aziende principali che erano sorte nell’area: la SAF del geometra cocconatese Remo Ogliengo, azienda specializzata nelle lavorazioni speciali metalliche per l’indotto Fiat, e la Sicer, produttrice di piccoli elettrodomestici (frullatori, ventilatori, ferri da stiro, lucidatrici, ecc.).
La Sicer all’epoca in cui era in attività
Il declino di Saf e Sicer
Entrambe le fabbriche, dopo aver conosciuto una fase di notevole sviluppo, favorendo l’occupazione locale, per varie vicende hanno chiuso i battenti da diversi decenni.
Oggi gli ex stabilimenti SAF sono occupati dall’outlet Conbistock e da uffici, mentre il capannone della Sicer è da anni in stato di totale abbandono. La ditta, in crisi, nel 1988 aveva trasferito l’attività nella sede di Volpiano, passando in amministrazione controllata. Da allora le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno più volte affrontato il problema di riqualificazione dell’area, inserendola nei propri programmi elettorali e prevedendola nelle varianti del piano regolatore, proponendo le più disparate soluzioni.
Ma, a distanza di molto tempo, nulla è stato fatto e il degrado del fabbricato non si è arrestato.
Paura dopo le grandinate
A preoccupare la popolazione non è tanto l’aspetto estetico, ma la copertura in lastre di fibrocemento (materiale comunemente conosciuto come Eternit, dal nome di una delle più note fabbriche produttrici), contenenti il temuto amianto e per questo vietate dal 1994; le grandinate degli scorsi mesi sembrano aver bucherellato le vecchie lastre. Come noto, sino a quando le lastre sono integre, non sussistono particolari problemi, ma quando il materiale è vecchio o rotto perde la sua matrice compatta e diventa più elevato il rischio che le fibre siano disperse nell’aria e possano essere inalate (sono mille volte più piccole di un capello).
Un lettore attento
A dare l’allarme è un lettore del nostro giornale, preoccupazione che si aggiunge alle segnalazioni e lamentele di alcuni cittadini rivolte al Comune. «Oggi – evidenzia il lettore – il fabbricato in disuso è sempre lì. Nulla di grave, semmai una questione di degrado, se il problema non riguardasse la salute pubblica. Si, perché la preoccupazione è che quel tetto pieno di buchi sia costruito in amianto: il killer silenzioso che nelle nostre zone ha mietuto fin troppe vittime. Se fosse confermata la natura in amianto di quel tetto, allora saremmo di fronte ad un serio problema. Nello stato in cui versa, nulla potrebbe impedire di spargere il suo veleno; se poi si considera la posizione in cui si trova, lungo il bordo di una strada ad alta frequentazione (soprattutto autocarri), che collega le province di Asti, Alessandria e Torino, ciò sembra costituire un’ulteriore facilitazione alla diffusione delle fibre. Si potrebbe anche aggiungere che la posizione dell’immobile è vicina a diverse attività commerciali, potenzialmente esposte al rischio di malattie. Quello che è certo è che occorrono immediate verifiche dalle autorità competenti».
Fra le priorità del sindaco
Per il neo sindaco Claudio Gavosto una questione da affrontare con urgenza, tant’è che la messa in sicurezza del sito ex Sicer e la riqualificazione dell’area industriale costituiscono il primo punto del programma di governo della sua lista.