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Un paese sotto quattro metri d'acqua" alt="Rocchetta Tanaro, il ponte spazzato viaUn paese sotto quattro metri d'acqua" loading="lazy" />
Attualità

Rocchetta Tanaro, il ponte spazzato via
Un paese sotto quattro metri d'acqua

A Rocchetta Tanaro, come in molti paesi sulla sponda del fiume, l’abitudine dei residenti a una sorta di convivenza con piccole esondazioni delle acque è radicata da decenni. Cittadini e

A Rocchetta Tanaro, come in molti paesi sulla sponda del fiume, l’abitudine dei residenti a una sorta di convivenza con piccole esondazioni delle acque è radicata da decenni. Cittadini e amministrazione sapevano bene quali fossero i punti più bassi e più a rischio; una consuetudine era, all’aumento delle piogge, portare le automobili in piazza Piacentino. La notte tra il 5 e 6 novembre non bastò, e molti furono i danni anche alle vetture. «Cominciammo a notare l’anomalia verso le 10,30 di sera del 5 – racconta Sergio Aliberti, all’epoca vicesindaco – Poiché la vecchia casa di riposo era notoriamente in zona critica, la raggiunsi per sganciare il bruciatore. Per farlo dovetti scendere nello scantinato: entrai con 20 centimetri di acqua ai miei piedi, quando uscii circa 20 minuti dopo era arrivata a 90 cm».

Fu presto chiaro che si trattava di un evento anomalo. Nel corso della notte l’acqua sarebbe arrivata fino a 4 metri di altezza, invadendo cantine e piani terra delle case e toccando l’80% dell’abitato; risparmiate solo le frazioni alte e parte di via Vittorio Veneto. Decisiva la rottura di entrambe le testate del ponte. Alcuni, nelle case allagate e nella casa di riposo, furono portati in salvo tramite pale meccaniche. Alle 10,30 della mattina del 6 la piena stava rientrando, lasciandosi dietro parecchie conseguenze, come l’isolamento di Rocchetta Tanaro anche dal punto di vista delle linee telefoniche. Prosegue Aliberti: «Possiamo ringraziare un radioamatore di Milano, grazie a cui furono fatti deviare a Piacenza 4 camion canal-jet, che arrivarono qui. C’erano da svuotare cantine e pozzi otturati, un lavoro di molti giorni».

La notizia dell’alluvione nel frattempo si era sparsa, cominciò la solidarietà da tutta Italia. All’unica linea telefonica del municipio, nel frattempo ripristinata, le chiamate giungevano a getto continuo. «Ne prendevo nota su un quaderno – racconta Elsa Aliberti, oggi sindaco – Da ognuno mi facevo dire chi fosse e come intendeva aiutarci. Giunsero così donazioni e volontari». Il fango sarebbe rimasto per le strade per 40 giorni. L’amministrazione coordinava l’emergenza, smistava le persone, indicava dove spalare. C’era l’esercito, associazioni, cittadini di buona volontà. La melma però riemergeva dall’asfalto, anche là dove era stato pulito, costringendo a ripetere le operazioni. Pur nel momento critico e nelle carenze dei servizi, la vita comune a Rocchetta riprese piuttosto in fretta.

«La mia famiglia gestiva il negozio “Da Paian” – ricorda Teresa Magno, oggi impiegata comunale – Fu riaperto il martedì mattina. Pur con le difficoltà a ricevere i rifornimenti, si puliva e si vendeva quello che c’era». Dal punto di vista delle infrastrutture, per prevenire nuovi eventi simili, furono costruiti argini a 1,20 m oltre la piena del ‘94, insieme a nuove paratoie in acciaio inox. «Imparammo l’importanza della Protezione Civile – conclude il Sindaco – Si costituì il gruppo locale, che ancora oggi è un punto di riferimento per la comunità».

Fulvio Gatti

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