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Paolo Spinoglio
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S. Stefano Belbo, retrospettiva su Paolo Spinoglio

Lo scultore canellese, scomparso vent’anni fa, aveva raggiunto la semplicità e la pulizia delle forme. Mostra alla Fondazione Cesare Pavese.

“Sei di sangue e di terra”. Titolo mai così azzeccato per la mostra che apre giovedì 8 settembre alla fondazione Cesare Pavese, Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo. Ad esporre la postuma di Paolo Spinoglio, scultore ed eclettico artista scomparso vent’anni fa. La postuma è inserita nell’ambito del Pavese Festival.

Sono vent’anni che Paolo non c’è più. Sembra ieri trovarlo nascosto, rapito, dietro una delle sue muse, le donne con il Burka. A Canelli, in regione Dota, in un grande capannone impasta, modella, cuoce le sue creature. Genio inizialmente incompreso, riesce ad imporsi poco alla volta in zona e poi, via via, fuori regione per il suo estro, la linearità, l’essenzialità, il raccontare la vita.

Una sua opera approda in Vaticano. Per salutare il neo Segretario di Stato Angelo Sodano la diocesi di Asti organizzò una visita al neo cardinale nei Palazzi Apostolici. Fu proprio Paolo Spinoglio ad elaborare e realizzare un’opera scultore che venne donata a Papa Giovanni Paolo II durante l’udienza. Ma era nel suo laboratorio che frullava idee. Sui muri i bozzetti delle sue opere, le scritte, i colori appena accennati. Ciò che usciva dal forno, o dall’arnese che utilizzava per modellare, non era mai banale.

Era il frutto di un pensiero profondo, capace di penetrare realtà sconosciute. Tanto che gli Anni ’90 rappresentano la sua piena maturità professionale con mostre e committenze tra i collezionisti. Il suo stile si evolve verso l’essenzialità con l’eliminazione dei particolari descrittivi.

Questo era per me Paolo Spinoglio.

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