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Consiglio comunale aperto Casa di Riposo al Teatro Alfieri16
Attualità
Il caso

Salvare la Casa di Riposo di Asti è ancora possibile, ma a determinate condizioni e non oltre il 5 ottobre

Al Teatro Alfieri si è svolto il Consiglio comunale aperto tra timori per il rischio di perdere 120 posti di lavoro, il futuro dei degenti e la speranza che si possa ancora fare qualcosa

Per la Casa di Riposo “Città di Asti” il conto alla rovescia è puntato sul 5 ottobre, giorno nel quale si conoscerà se avrà un futuro, forse cambiando la gestione da pubblica a privata, oppure se il suo declino, che porterebbe alla chiusura, diventerà inevitabile. Il tempo è poco, ma una possibilità di salvezza c’è ancora. Ieri sera al Teatro Alfieri si è svolto l’atteso Consiglio comunale aperto sul caso che sta preoccupando gli astigiani e che nasce dall’enorme buco in bilancio dell’ex IPAB, il pensionato a gestione pubblica più grande del Piemonte.

Con circa 8 milioni di euro di debiti, una struttura molto vecchia che ha necessità di una completa ristrutturazione (i lavori costerebbero almeno altri 8 milioni), 120 lavoratori che rischiano il posto e 150 ospiti che, se la situazione finisse male, dovrebbero trovarsi un’altra sistemazione, si capisce perché la vicenda della Casa di Riposo interessa tutta la nostra comunità.

Ieri in molti hanno preso la parola per chiedere alle istituzioni di fare la propria parte e scongiurare la chiusura del Maina anche se le ipotesi proposte non sono tutte uguali e non vanno tutte nella stesa direzione. Nelle ultime settimane era stata ufficializzata una manifestazione di interesse sulla Casa di Riposo da parte di una cordata di privati, guidata da Andrea Amalberto, presidente dell’Unione industriale, assieme a Malabaila e alla Hacker di Cuneo, immobiliare vicino al gruppo Stocco Impianti.

Ieri, in Consiglio, si è saputo che solo Hacker sarebbe pronta a proseguire la trattativa (anche se non è del tutto escluso che gli industriali astigiani non possano rientrate nella partita), ma chiederebbe delle garanzie viste le criticità del pensionato. In sintesi, per andare avanti con la manifestazione di interesse, si dovrebbe intervenire sui mutui già contratti, abbassando il più possibile gli interessi e dilazionandone il piano di ammortamento nei prossimi 50 anni. Poi sarebbe necessario che la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti donasse 500 mila euro, anche a rate su cinque anni, per spese sull’antincendio e sulla sicurezza dell’edificio. La Regione Piemonte dovrebbe garantire – e magari aumentare – i posti letto di continuità assistenziale e procedere con la creazione di un hospice, che alla città manca, per dare nuovi servizi alla Casa di Riposo mentre il Comune di Asti non dovrebbe più presentare ulteriori ricorsi per chiedere all’IPAB il pagamento dell’IMU sulle annualità dal 2012 al 2015 (e successive) che ad oggi ammonta, sull’accertato da parte del Comune, ad almeno 550.000 euro. Cartelle esattoriali contro cui la Casa di Riposo ha fatto ricorso alla Commissione Tributaria, vincendo i primi round dello scontro.

«Hacker vorrebbe andare avanti nella sua manifestazione di interesse – ha spiegato il commissario della Casa di Riposo Mario Pasino – investendo 20 milioni di euro per la ristrutturazione e mettendo un altro milione per pagare i fornitori. Ma se pensiamo di mantenere la struttura pubblica posso dire che è impossibile. A complicare la situazione si è messa la guerra tra l’Ucraina e la Russia che ha portato le bollette del gas da 30 a 139 mila euro al mese. Per quanto mi riguarda non andrò oltre il 5 ottobre quando dovrò presentarmi con un progetto di rilancio e di ristoro per i fornitori, altrimenti non potrò andare avanti perché i miracoli non si possono fare».

Per il commissario è necessario far sedere ad un tavolo tutti gli attori del caso, avviare un confronto senza pregiudizi e solo così si potrà andare oltre scongiurando la parola fine. Questo è l’impegno che Pasino si è preso nell’ultimo tentativo di salvare un patrimonio importante della nostra città.

Salvare la Casa di Riposo significa salvare posti di lavoro e garantire agli ospiti di poter continuare a vivere in un posto con cui hanno confidenza. Va da sé che per le i rappresentanti sindacali il rischio di lasciare a casa i lavoratori, che non avrebbero alcun tipo di ammortizzatore sociale, dev’essere scongiurato a tutti i costi. Luca Quagliotti, segretario provinciale della CGIL di Asti, non ha lesinato critiche contro chi avrebbe dovuto interessarsi del problema, ma non l’avrebbe fatto: «In questi anni non ho mai sentito vicina la Regione Piemonte e il debito si è accumulato nel totale disinteresse dell’Ente controllore – ha evidenziato il sindacalista anche a nome di CISL e UIL – Ma anche la Fondazione REAM è scomparsa e poiché la stessa è gestita al 30% dalla Fondazione Cassa di Risparmio la cosa non è proprio irrilevante. La Regione dovrebbe farsi garante rispetto al debito e autorizzare posti letto sanitari rendendo la struttura più appetibile».

Quagliotti ha puntato l’attenzione sul valore aggiunto della Casa di Riposo, 120 posti letto convenzionati con l’Asl che garantiscono entrate certe indispensabili per far quadrare i conti nell’eventuale nuova gestione del Maina. Posti letto che, però, andrebbero ricollocati altrove, in altre RSA, se la Casa di Riposo dovesse fallire. Da qui l’amara, ma anche ovvia, constatazione, emersa più volte tra le righe durante il Consiglio comunale: nell’ottica del business c’è chi potrebbe guadagnarci dalla chiusura di un “competitor” come la Casa di Riposo puntando ad acquisire i posti letto convenzionati. Né più né meno che mors tua vita mea.

Timori per i lavoratori sono state espresse anche da Alessandro Delfino, segretario generale Cisl FP, e da Francesco Di Martino, segretario generale provinciale Uiltucs. «L’unico mondo per far uscire dal pantano il Maina è un massiccio intervento del pubblico. – ha detto Delfino – Bisogna ragionare sulla Casa di Riposo come polo socio assistenziale, ma che si distingua dal privato. Occorre tenere i 120 operatori nel pubblico impiego e non farli passare al privato».  «C’è bisogno di cofinanziamenti importanti da parte degli imprenditori astigiani, – ha aggiunto Di Martino – Oggi è chiaro che c’è più il segnale di una chiusura che quello di mantenere la struttura».

A fornire qualche numero è stata la dottoressa Elena Tamietti, direttore del Distretto Sanitario dell’Asl AT. «Gli inserimenti in convenzione che l’Asl ha presso l’RSA sono una settantina: 63 sono gli anziani, 5 i disabili e 2 i degenti inseriti dal dipartimento di salute mentale. A parte le persone in convenzione, abbiamo attivo anche il percorso di continuità assistenziale, i dimessi dall’ospedale che entrano nella struttura con la retta a carico dell’Asl al 100%».

Anche la Regione Piemonte ha partecipato al Consiglio aperto con l’assessore regionale Maurizio Marrone che ha confermato l’attenzione verso la Casa di Riposo, ma senza nascondere la difficoltà del momento. «Bisogna agire in tempi rapidi, dato il protrarsi di una situazione non più gestibile – ha osservato – In caso contrario si andrebbe al procedimento di tipo liquidatorio che vorremmo scongiurare visto che siamo consapevoli dell’importanza storica dell’IPAB».

Da parte dei consiglieri regionali del PD Monica Canalis e Daniele Valle è arrivata la massima disponibilità a trovare soluzioni per dare un futuro alla struttura, «aumentando i posti letto in convenzione nell’Asl di Asti che sono minori di quelli in altre province, saturando tutti i posti letto pagati dalla Sanità, perché in garanzia, facendo interventi mirati per far fronte alla crisi energetica e pensando a una parziale riconversione del servizio».

[foto Ago]

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