E’ una piccola vita appesa ad un filo, quello della corrente elettrica che alimenta una “pompa” artificiale in sostituzione del ventricolo sinistro del cuore
E’ una piccola vita appesa ad un filo, quello della corrente elettrica che alimenta una “pompa” artificiale in sostituzione del ventricolo sinistro del cuore. Quando la pompa ha sufficiente “ricarica”, allora la piccola può scendere dal letto e per 20 minuti può giocare in corridoio. 20 minuti, non uno di più, perché quello è il limite dell’autonomia dell’apparecchio prima di dover tornare sotto carica.
E per una bambina di 18 mesi, con la vitalità di chi si affaccia a scoprire il mondo, è una vera tortura. Questa la quotidianità di Stella, la bambina astigiana che da novembre è ricoverata all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino dopo aver contratto un virus che le ha “dimezzato” il cuore.
L’unica prospettiva di sopravvivenza è legata ad un trapianto del cuoricino; è in lista d’attesa nazionale da mesi, ormai e, nel frattempo, deve affidarsi a questo apparecchio che sostituisce la funzionalità del suo ventricolo sinistro. Una malattia, quella di Stella, che ha stravolto la vita dei suoi giovani genitori, appena trentenni.
La madre, Natascia, ha abbandonato il lavoro e da novembre vive nella stanza con la sua figlioletta dalla domenica sera al sabato sera; viene a casa solo la domenica per un cambio veloce e poi torna su a seguire la piccola, a starle vicina, a farla giocare in quelle “finestre” di autonomia dalla macchina, a confortarla, ad attendere l’arrivo del medico con la notizia del trapianto. Il padre Simone, operaio in un’azienda di costruzione di serramenti, si divide fra il lavoro e l’ospedale. Ogni giorno fa le sue ore in azienda, poi corre a Torino, resta lì qualche ora, rientra a dormire a casa da solo e il giorno dopo si ricomincia. Nel weekend dà il cambio alla moglie.
Una situazione molto pesante, sia dal punto di vista emotivo che dal punto di vista finanziario, visto che in casa entra solo uno stipendio e bisogna continuare a sostenere le spese dell’alloggio in affitto ad Asti oltre a quelle ingenti di viaggio verso Torino.
«Mi piacerebbe trasferirmi a Torino, in una casa vicina all’ospedale – dice Simone, il papà di Stella – per essere più vicino alla mia bambina e per poter consentire a mia moglie di tornare a casa per qualche ora una volta al giorno. Con la prospettiva di trovare un lavoro lì. Ma i costi di trasloco e di caparra sono oggi proibitivi per noi e trovare un nuovo lavoro è difficilissimo. Però diventa sempre più insostenibile questo ritmo di vita per noi».
La mobilitazione di solidarietà attivata intorno al caso di Stella potrebbe cambiare in meglio le condizioni della famiglia che le sta accanto, la coccola e la protegge nonostante tutte le difficoltà.
Daniela Peira