Sulle tracce dell’orso e dei Saraceni tra le colline del Monferrato
Tecnicamente si chiama turismo speleologico, più semplicemente noi diciamo visitare grotte!
Il Piemonte e la Liguria vantano una grande quantità di cavità attrezzate in cui è possibile passeggiare in tutta sicurezza, ma anche cavità ancora tutte da scoprire.
Sistema Monferrato propone questa settimana un viaggio partendo dal Comune di Villanova di Mondovì, alla scoperta della Grotta dei Dossi.
La Grotta dei Dossi
E’ di origine carsica e il suo sviluppo complessivo è di 910 metri per un dislivello di 21. E’ stata la prima grotta ad essere scoperta nel cunese, nel 1797, e fu anche la prima grotta d’Italia ad essere illuminata a luce elettrica con trenta lampade Edison.
Molto visitata nell’800 è poi stata chiusa per un lungo periodo di tempo. Ora a distanza di due secoli, questo gioiello è tornato a nuova vita grazie alla sapiente sistemazione di fasci di luce che esaltano la bellezza delle concrezioni e fanno emergere in tutto il loro splendore aspetti finora sconosciuti di un vero e proprio labirinto sotterraneo che si presenta come una spettacolare successione di corridoi e sale decorate con concrezioni policrome dalle sfumature più incredibili che ne fanno una delle grotte più colorate d’Italia.
Le Grotte di Bossea
Ci spostiamo quindi i Val Corsaglia, nel Comune di Frabosa Soprana, a 836 metri quota, e troviamo le Grotte di Bossea. Si tratta di un’area protetta gestita dall’ Ente di gestione del Parco Naturale del Marguareis. Tre le caratteristiche principali, le dimensioni degli ambienti, con vaste panoramiche su paesaggi pittoreschi e scoscesi, la grande ricchezza di acque correnti e precipizi e l’immenso valore scientifico e naturalistico.
Venne aperta al pubblico, per prima in Italia, il 2 agosto 1874 ad opera del Senatore Giovanni Garelli di Mondovì. Dal 1969 è sede di una stazione scientifica del Gruppo Speleologico Alpi Marittime del C.A.I. di Cuneo che ha come oggetto d’indagine i fenomeni anche biologici tutt’ora in atto nella cavità. Bossea annovera ben 57 specie di animali cavernicoli. Con parte del materiale ritrovato negli anni è stato ricostruito uno scheletro completo di Ursus Spelaeus, esposto nella Sala del Tempio. In grotta vi è una temperatura costante, tutto l’anno, di 9°C.
Grotte di Toirano
Risaliamo in auto, imbocchiamo la strada provinciale 490 in direzione di Garessio, inserito tra i Borghi più belli d’Italia, e dopo 80 km circa arriviamo in un altro borgo, questa volta in Liguria, insignito della bandiera arancione. Siamo a Toirano. Conosciuto ovunque per il suo borgo storico a pochi minuti dal mare e chiaramente per le sue Grotte. Qui trovò rifugio per millenni l’orso delle caverne (Ursus spelaeus), che vi si recava per trascorrervi il letargo; la sua presenza è attestata da un gran numero di resti ossei, da impronte di zampe sul suolo e dalle tracce di unghiate sulle pareti. Quattro le grotte principali, la più importante è detta “della Bàsura”.
Grotte dei Saraceni a Ottiglio
E in Monferrato? Indubbiamente sono da ricordare gli Infernot che hanno ottenuto il riconoscimento Unesco nel 2014, ma non solo! Un esempio, ma con tutt’altre caratteristiche, sono le “Grotte dei Saraceni” tra il borgo di Ottiglio e la suggestiva frazione di Moleto, al confine coi comuni di Frassinello e Olivola, alle quali si sono dedicate nel corso soprattutto degli ultimi secoli svariate decine di studiosi e ricercatori e si sono scritte miriadi di pagine, a partire dalla fine del XVI secolo fino ai giorni nostri. Le più antiche origini delle cavità ipogee ottigliesi risalirebbero all’esistenza di un Mitreo, cioé un luogo dedicato al culto di Mitra, quindi di epoca romana. Successivamente in epoca Alto Medievale sarebbero state occupate dai pirati Saraceni, come risulterebbe dalle cronache locali e poi durante le Guerre del Monferrato, la prima iniziò nel 1612 d.c. e la seconda nel 1627 d.c. divennero rifugio di disertori e sbandati che trasformandosi in banditi e divenendo una minaccia per la sicurezza pubblica, il Senato Ducale del Monferrato ordinò che fossero sigillate, e la tradizione locale tramanda che a causa di questo provvedimento alcuni individui siano rimasti murati vivi coi loro cavalli.
Ormai le vie di accesso rimaste sono solo due e all’interno dell’ipogeo i crolli negli ultimi secoli devono essere stati numerosi, oltre agli incalcolabili danni arrecati dai frequentatori. È ritenuto estremamente pericoloso inoltrarsi in queste cavità e chi lo fa mette sicuramente a repentaglio la propria vita, meglio precisarlo nel caso qualcuno fosse tentato!