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Monferrato

Ulivi dalle promettenti prospettive grazie al clima

Si tratta, ovviamente, di una produzione ancora di nicchia
L’olivo sta tornando protagonista dell’agricoltura nelle colline monferrine. Si tratta, ovviamente, di una produzione ancora di nicchia, ma dalle promettenti prospettive, anche grazie ai cambiamenti climatici in atto. Diffuso in modo piuttosto capillare nel paesaggio agrario piemontese, l’olivo cresceva e fruttificava sulle pendici collinari del Monferrato e delle Langhe. A testimoniare la presenta di questa specie mediterranea sono rimasti diversi toponimi, quali San Marzano Oliveto, presso Canelli, e regione Olivasso a Pino d’Asti.

Presente nel bacino mediterraneo almeno dal VII secolo a.C., l’olivo nel territorio piemontese potrebbe essere stato introdotto all’epoca dei legionari romani che colonizzarono queste terre. Inizialmente l’olivo fu coltivato nei monasteri benedettini e successivamente nelle pievi, anche in terreni poco vocati, in quanto i suoi ramoscelli erano indispensabile per le pratiche religiose.

Nel basso Monferrato, l’olivo risulta coltivato, a partire dal Basso Medioevo, nel territorio di Pino d’Asti, in particolare lungo la dorsale collinare che dall’abitato digrada verso Mondonio. Per secoli Pino d’Asti è stato, unico fra i villaggi dei dintorni, completamente autonomo relativamente alla produzione di olio d’oliva.

A Cocconato, i frati agostiniani producevano l’olio di oliva coi frutti di dette piante che si coltivavano nei loro terreni e tuttora nel paese sono presenti numerosi esemplari di olivo, in parte secolari e in parte di più recente impianto. A Montiglio gli olivi venivano piantati attorno al muraglione del castello, protetti dai freddi venti del nord.

Le cause che determinarono nel Settecento la progressiva fine della produzione olivicola in questo angolo di Monferrato sono da ricercarsi nell’irrigidimento del clima, negli eventi bellici che flagellarono l’area tra XVI e XVIII secolo e nell’apertura di nuove vie di comunicazione con le coste liguri, favorendo la commercializzazione dell’olio. In seguito non vennero più reimpiantatati, non per fattori climatici, ma soprattutto per motivi economici, così come avvenuto per altre coltivazioni scomparse quali il baco da seta e la canapa. Tuttavia qua e là, nei bricchi dove il microclima era più favorevole, sopravvissero secolari e maestosi ulivi. A Cocconato, nel giardino di Casa Brina, alcuni maestosi esemplari producono ogni anno alcune decine di chili di ottime olive, che i Bava mettono in salamoia.

A partire dagli anni Novanta del Novecento vi è stata una riscoperta della coltivazione di questa pianta, con ottimi risultati. In quel periodo a Pino d’Asti vennero messe a dimora, diverse pianticelle di olivo, cresciute rigogliose, anche grazie al terreno pietroso molto adatto; a Isola d’Asti, in frazione Repergo, la famiglia Massasso impiantò un uliveto sperimentale. Negli ultimi anni nuovi uliveti sono stati impiantanti a Cocconato in frazione Cocconito e in località Sabbione, a Piovà Massaia nella borgata San Pietro. Dal 2001 in alcuni Comuni, fra cui Moncalvo e Olivola, è ripresa dopo 90 anni la produzione di olio d’oliva piemontese.

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