Cerca
Close this search box.
<img src="https://lanuovaprovincia.it/wp-content/uploads/elementor/thumbs/un-esercito-di-santi-e-beatibrperche-tutti-nello-stesso-angolo-di-piemonte-56e696c5b671e1-nkihj91ffzihep12thq9kg238gmwkjbjivxpvngzgo.jpg" title="Un esercito di santi e beati
Perché tutti nello stesso angolo di Piemonte?" alt="Un esercito di santi e beatiPerché tutti nello stesso angolo di Piemonte?" loading="lazy" />
Attualità

Un esercito di santi e beati
Perché tutti nello stesso angolo di Piemonte?

San Giovanni Bosco, San Giuseppe Cafasso, San Domenico Savio, Beato Allamano, Servo di Dio Cardinal Massaja, Venerabile Margherita Occhiena: una pioggia di santi e quasi santi che hanno in comune un

San Giovanni Bosco, San Giuseppe Cafasso, San Domenico Savio, Beato Allamano, Servo di Dio Cardinal Massaja, Venerabile Margherita Occhiena: una pioggia di santi e quasi santi che hanno in comune un piccolo fazzoletto di provincia astigiana, al nord, ai confini con il Torinese. Su tutti, ovviamente, il Santo sociale per antonomasia, quel Giovanni Bosco che a fine Ottocento ha rivoluzionato i rapporti fra la Chiesa e la gente, introducendo per primo la necessità di puntare sul futuro dei giovani che passava attraverso la chiesa sì, ma anche la scuola, la formazione lavorativa, il divertimento e lo svago. Non a caso il territorio intorno a Castelnuovo Don Bosco si chiama Terra dei Santi e oggi come non mai, a 200 anni dalla nascita del Santo, ci si chiede come sia stata possibile una tale concentrazione di figure religiose nello stesso luogo.

Della vocazione del territorio ha parlato recentemente don Arnaldo Scaglioni, già ispettore salesiano e cappellano del Collegio Salesiano di Roppolo, in una conferenza proprio a Castelnuovo nella quale ha tentato di dare una spiegazione al ruolo del luogo di nascita nella formazione sociale e religiosa di uomini e donne che hanno contribuito alla storia della Chiesa. «Chi vuole conoscere Don Bosco deve venire dove tutto è incominciato e da cui tutto è derivato – dice Don Scaglioni – perché il binomio Castelnuovo-Don Bosco è inscindibile, come lo è Francesco-Assisi, Antonio-Padova, Padre Pio-Pietrelcina». Le colline di Castelnuovo sono state il “Piccolo mondo antico” che Don Bosco si è portato dietro in ogni suo trasferimento o viaggio. Con sé come la sua straordinaria madre, originaria di Capriglio, che ha sempre voluto accanto e con la quale ha continuato a condividere, anche a Torino, la parlata, le tradizioni, i cibi. Che cosa ha insegnato la terra natia ai santi castelnovesi?

«Ha insegnato l’ospitalità a tavola in tempi difficili e duri, la laboriosità dei contadini radicati alla loro fetta di campo, la ricchezza di cordialità e umanità, la fiducia nella Provvidenza, il ricordo perpetuo nei suoi emigranti» risponde don Scaglioni. Eppure queste caratteristiche erano comuni a molte altre zone del Piemonte e dell’Italia intera, cosa c’era qui in più che ha portato ad un fiorire di santità? Una spiritualità diffusa unita all’altissimo esempio di uomini di Dio in un contesto di incanto della natura che trasferisce la bellezza vista con gli occhi alle emozioni e ai valori vissuti nel cuore e nell’anima.

«Nello stesso Don Bosco – prosegue don Arnaldo Scaglioni – non tutto è farina del suo sacco. Se è cresciuto è perché apparteneva ad una terra fertile e feconda, con un humus culturale, umano, storico, sociale e spirituale che lo ha costruito e lo ha promosso. E, a 70 anni, era rimasto ciò che era da bambino: amorevole, riservato, attento, premuroso, di poche parole». Ma la responsabilità non è a senso unico. Se Don Bosco deve alla Terra dei Santi i suoi natali, la Terra dei Santi deve a Don Bosco la responsabilità di farlo conoscere.

Daniela Peira

Condividi:

Facebook
Twitter
WhatsApp

Le principali notizie di Asti e provincia direttamente su WhatsApp. Iscriviti al canale gratuito de La Nuova Provincia cliccando sul seguente link

Scopri inoltre:

Edizione digitale