Mentre i fan pianificano strategie per un rapido scatto che possa garantire loro i posti migliori, i Negrita stanno facendo le prove. Non durano molto e a un certo punto qualcuno tira un pallone sul palco
Mentre i fan pianificano strategie per un rapido scatto che possa garantire loro i posti migliori, i Negrita stanno facendo le prove. Non durano molto e a un certo punto qualcuno tira un pallone sul palco. Gesto irresistibile perfino per la band che, scesa dal palco, si diverte a tirare calci a questo “super tele” che nonostante gli anni sembra conservare intatta una misteriosa forza seduttrice. Quando finiscono gli scambi e i palleggi, li raggiungo. La nostra chiacchierata in un certo senso inizia proprio dal “luogo” in cui ci troviamo.
“I tempi cambiano” e voi tornate a suonare nei club. Che sapore ha per voi “Club tour”? “Il club è un po’ come il teatro per l’attore. Un attore può fare la produzione più grossa che si possa immaginare, può perfino arrivare agli Oscar, ma poi parte sempre tutto da un teatro”. Sono passati un po’ di anni dal loro esordio e da quando suonavano nei club. Un po’ come tornare alle origini. “A volte è un miracolo che siamo ancora qua.” Pau ride e mi ricorda quanto sia poco comune nel rock stare insieme così a lungo. Quasi sempre perché, alla fine, i componenti della band litigano.
Pau, perché voi non litigate? “Noi litighiamo e siamo abilissimi a litigare. Lo facciamo anche in maniera spietata, però evidentemente abbiamo anche l’abilità nel riappacificarci.” Poi ridendo mi dice: “Mi spiace dirlo davanti a loro, però quello che ci lega è più forte di ogni asperità!” Pau, ma questa è una dichiarazione d’amore. “Una dichiarazione d’amore ma non troppo! Un po’ tipo quei rapporti patriarcali di una volta, dove ti volevano un sacco bene ma non te lo dicevano mai, ma ti mandavano a cagare perché eri sempre insufficiente per i loro standard.
L’intervista completa sull’edizione di domani, martedì 12 aprile.