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Giornata della Memoria

Una medaglia per ogni astigiano internato nei campi di sterminio tedeschi

Cerimonia questa mattina presieduta dal Prefetto. 16 gli internati canellesi cui è stata riconosciuta la medaglia. Coda polemica della Cgil contro Rasero.

L’appuntamento con la Giornata della Memoria ad Asti inizia con un tavolo pieno di medaglie. Sono quelle che la Prefettura, a seguito del lavoro di ricerca delle associazioni combattentistiche o su segnalazione diretta delle famiglie, consegna ogni anno ad astigiani che sono stati catturati e deportati nei campi di sterminio tedeschi durante la seconda guerra mondiale. E i soldati che, per il solo fatto di essere tali, vennero rinchiusi nei campi di internamento.

Una crimonia sempre molto commovente e toccante che il Prefetto ha aperto ricordando le indicibili sofferenze di tanti astigiani nelle mani disumane dei tedeschi.

«Tutto ciò è accaduto in un momento storico non così lontano da noi. Il genocidio di milioni di innocenti basato sul mito della razza e della diversità. Ma quella distruzione di massa – ha proseguito – non si sarebbe verificata se non avesse avuto, all’epoca, un largo consenso della popolazione. Questo per dire che inerzia, apatia morale, indifferenza verso l’altro portano verso la dittatura. Allora come ora bisogna affermare che la divrsità non è un crimine e non bisogna fomentare l’odio reciproco. Questo può avvenire solo attraverso la memoria, la conoscenza, lo studio della storia, la coscienza civica, il rispetto della nostra Costituzione che contiene tutti i valoro fondanti della democrazia».

In sala è arrivato anche un messaggio di Maria Debenedetti che non ha potuto essere presente alla cerimonia: «Grazie al Prefetto che rinnova la memoria e consente di trasmettere ricordi e valori per una società che non deve smarrirsi. Grazie da una “quasi” centenaria».

Presenti alla cerimonia anche alcune classi del liceo Artistico e dell’istituto Castigliano; alcuni degli studenti (Aurora Piras, Lorenzo Sguazzino e Katia D’Angella) hanno letto brani dei più iconici libri sull’Olocausto.

In aula magna di Astiss, dove è stata ospitata la cerimonia, anche una rarità: la bandiera dell’associazione nazionale ex internati appartenuta al capitano Aldo Aliberti, canellese, che morì nel 1949 per le pene patite durante l’internamento. Nel 2005 venne donata dalla famiglia a Gianna Menabreaz in riconoscenza per il lavoro di ricerca pubblicato nel libro sugli internati di Canelli.

Il sindaco Rasero ha ricordato l’importanza della memoria, ha portato il saluto della senatrice Liliana Segre in passato ospite astigiana e ha ricordato il posizionamento di 20 pietre d’inciampo in città.

Sul suo intervento interviene la Cgil, per voce del segretario Luca Quagliotti: «Il sindaco di Asti, nel corso del suo intervento, non ha mai pronunciato la parola fascismo, né ha citato che le leggi razziali furono volute da Mussolini. Ha generalmente detto a causa delle “leggi raziali”. Rimuovere la memoria di chi quei fatti ha determinato vuol dire creare le condizioni perché quei fatti si ripetano. Siamo sicuri che il Sindaco di Asti è un antifascista. Ma ci aspettiamo, essendo lui la massima autorità politica cittadina e provinciale, che lo ricordi sempre in ogni iniziativa».

A CHI SONO ANDATE LE MEDAGLIE

Di seguito, le schede integrali di ognuno dei 28 astigiani ex internati o ex deportati ricordati questa mattina. Le medaglie sono state consegnate dal Prefetto agli eredi, accompagnato dai vari sindaci di residenza di chi ha ricevuto la medaglia in memoria (Canelli, Nizza, Villanova, Moasca, Calliano Monferrato, Cortazzone, Scurzolengo).

 FRANCO ALIBERTI

Franco Aliberti, classe 1926, venne catturato dai tedeschi, appena diciottenne, con l’accusa di essere un partigiano. Dal carcere “Le Nuove” di Torino, passando per Bolzano, fu condotto nel temuto campo di sterminio di Flossenbürg, dove si diceva che le indicibili sofferenze patite portassero alla morte i prigionieri entro tre mesi. L’ingresso nel campo fu choccante per il giovane Franco, che dopo una notte di attesa, completamente nudo come i suoi compagni, al mattino ricevette l’assegnazione del numero di matricola 43470, da imparare a memoria in tedesco.

 ANNIBALE ALLUN

Annibale ALLUN nacque a Canelli nel 1923. Catturato ed internato nel campo di Dorsten, il giovane Annibale riuscì a fare ritorno in Italia. Tuttavia, a causa della malnutrizione patita in prigionia, il suo apparato digerente era gravemente compromesso e i genitori, nel tentativo di salvargli la vita, presero a nutrirlo somministrandogli con il cucchiaino una pappa nutriente. Purtroppo, i loro sforzi furono vani ed il giovane morì nel 1946, poco più che ventenne. I canellesi parteciparono in massa ai suoi funerali, che vennero celebrati con gli onori militari.

 FEDERICO ARALDO

Federico Araldo, classe 1922, dopo l’armistizio del 1943 venne catturato a Grasse in Francia e, da lì, trasferito a Velsen come internato militare, destinato al lavoro in una miniera di carbone. Lì le condizioni di prigionia erano estreme: gli internati venivano contrassegnati con la scritta K.F.G sulla schiena ed il lavoro avveniva sotto stretta sorveglianza armata. Il giovane Federico patì fame, freddo e soprusi. La sua condizione si aggravò ulteriormente quando fu trasferito in un altro lager, dove fu costretto a lavorare per il ripristino delle linee ferroviarie devastate dai bombardamenti. Già debilitato dalla precedente detenzione, patì condizioni ancora più dure fino alla liberazione nel 1945.

  FRANCESCO BOCCHINO

Francesco Bocchino fu l’attendente del capitano Aldo Aliberti e con lui condivise i lunghi mesi di prigionia. Quando nel campo di concentramento il capitano contrasse il tifo, Francesco Bocchino riuscì con coraggio a procurarsi i farmaci, supportandolo con abnegazione durante la malattia. Nonostante il clima di grande sofferenza, la solidarietà rimase viva tra i prigionieri, che riuscirono a fare rientro a Canelli dopo la liberazione da parte delle truppe alleate, anche se il Capitano, devastato nel fisico, morì dopo pochi anni.

 FIORENZO BOIDO

Fiorenzo Boido nacque a Canelli nel 1926. A soli 17 anni venne catturato dai nazisti insieme al fratello quindicenne Remo. Mentre il giovanissimo Remo fu rilasciato, Fiorenzo venne deportato a Flossenbürg, dove le camere a gas e i crematori non cessavano mai di funzionare. La famiglia attese a lungo il suo rientro e non smise mai di pregare di rivederlo. Di lui, purtroppo, non si seppe più nulla. Il fratello Remo per tutta la vita ne ha cercato le tracce, morendo senza sapere che a Fiorenzo sarebbe stata conferita la medaglia d’onore.

 ENRICO BOTTERO

Enrico Bottero, nato a Cassinasco nel 1915, fu catturato dopo l’armistizio dell’8 settembre e internato nel campo di concentramento di Osterberg. Subì una durissima detenzione, patendo per due anni le immani sofferenze inflitte dai suoi aguzzini. Non fece più rientro in Italia. Enrico morì in Germania sul finire della guerra, il 1° maggio 1945, colpito dalle schegge delle bombe americane. Solo successivamente il suo corpo fu riesumato e sepolto nel cimitero di Canelli, dove i nipoti possono portargli un fiore.

 GIUSEPPE BOTTERO

Canellese, classe 1921, Giuseppe Bottero venne catturato nei Balcani dopo l’8 settembre ’43. Internato a Dachau, lavorò in una fornace di mattoni, sottoposto a pesanti maltrattamenti. Dopo il suo rientro in Patria, mantenne sempre vivo il ricordo dei bambini internati nel campo, che ogni giorno vedeva passare con una accompagnatrice. Un giorno non li vide più… e capì che erano stati uccisi nelle camere a gas.

 COSTANTINO CALVO

Costantino CALVO nacque a Corteranzo di Murisengo il 4 settembre 1921. Alpino artigliere del 28° Battaglione Fenestrelle della 3^ Compagnia Alpini, fu chiamato a combattere in Montenegro. Dopo duri combattimenti durati oltre un mese, il suo Battaglione dovette arrendersi per mancanza di rifornimenti. Il giovane Costantino fu catturato e deportato in Germania, a Bathorn. La vita del campo di prigionia mise a dura prova Costantino, che si rifiutò di lavorare per i tedeschi. Sorpreso a rubare bucce di patate, fu messo in isolamento in una cella fredda e buia, dove arrivò a credere che sarebbe morto. I colpi di mortaio che sentiva, prima in lontananza e poi sempre più vicini, gli diedero il coraggio di resistere. Dopo quasi due anni di prigionia, la libertà gli venne restituita dalle truppe alleate e poté finalmente ritornare in Italia.

 STEFANO CAPRA

Canellese, classe 1920, l’Ufficiale Stefano Capra si distinse per le spiccate doti umane, testimoniate dai compagni che combatterono in Grecia con lui. Raccontarono, ad esempio, di quando ordinò di rimuovere i cadaveri, trovati appesi agli alberi con ganci da macellaio, per dare loro onorata sepoltura. Catturato a Patrasso il giorno dell’armistizio, fu deportato in Germania ed internato in ben 5 campi diversi. Nello stalag di Sandbostel era solito intrattenersi di sera con i racconti del compagno di prigionia Giovannino Guareschi, autore della saga di Don Camillo e Peppone. Trasferito nel gennaio del ’45 ad Amburgo, riuscì a sopravvivere alla fame lavorando nel salumificio Kurt Elberg. Della liberazione, avvenuta nel maggio del ’45, ricordava la lunga camminata per rientrare a casa, incoraggiando e sorreggendo l’amico canellese Tommaso Scaglione, ormai allo stremo delle forze.

 ETTORE CERRATO

Astigiano, classe 1919, Ettore Cerrato fu chiamato alle armi nel marzo del 1940 ed assegnato al III Reggimento Alpini Battaglione Fenestrelle. Nel 1942 partì per la Croazia con i suoi commilitoni. Dopo l’armistizio venne catturato in Montenegro e deportato in Germania. Durante la prigionia si ammalò di tubercolosi e fu ricoverato in diversi ospedali, prima in Germania e poi in Italia. Purtroppo, non riuscì a guarire, venendo a mancare nel maggio del 1945. Le spoglie di Ettore riposano oggi nel cimitero di Asti.

 MARCELLO DELPIANO

Marcello Delpiano nacque a Villa San Secondo il 10 agosto 1915. Immediatamente dopo l’armistizio fu catturato dai tedeschi ed internato in Germania, dove subì una dura prigionia che durò quasi due anni, fino alla liberazione del campo da parte delle truppe alleate, nel luglio del 1945.

 TERESIO DEORSOLA

Teresio Deorsola nacque a Capriglio il 6 novembre 1922. L’Armistizio dell’8 settembre lo trovò in Francia a Saint Jacques, ove fu catturato dai tedeschi per poi essere internato nello Stalag XII A, campo di smistamento di Limburg. Dopo alcuni spostamenti, la sua ultima destinazione fu Wiesbaden. Lì le condizioni di vita erano molto dure e il giovane Teresio contrasse una grave forma di tubercolosi. Dopo la liberazione riuscì a fare rientro a casa, ma morì dopo pochi mesi, a soli 23 anni. Con sublime generosità, sentendosi prossimo alla fine sciolse la fidanzata dalla promessa di matrimonio, vivendo i suoi ultimi giorni nell’angoscia di dare un dispiacere ai genitori. Le sue memorie sono state affidate ad un diario, che ha visto la pubblicazione.

 ITALO DURANDO

Nato a Portacomaro il 10 aprile 1920, Italo Durando nel 1940 fu chiamato alle armi e arruolato nel III Reggimento Alpini, Battaglione Exilles. Con i suoi commilitoni partecipò alle operazioni di guerra nei Balcani in Montenegro. Dopo l’armistizio del settembre 1943 fu catturato dai tedeschi alle Bocche di Cattaro e destinato ad essere deportato in Germania, dove subì l’internamento in diversi campi. Dopo i lunghi mesi di prigionia, nel novembre del 1945 fu congedato e fece rientro in Italia. Ritornò a casa in condizioni fisiche precarie dovute al forte dimagrimento.

Fu segnato nel profondo e riuscì a resistere, come raccontò lui, solo per l’abitudine che aveva di scrivere quotidianamente il suo diario, l’unica forma di libertà che, in quei luoghi di annientamento, lo faceva sentire vivo.

 GIOVANNI FERRO

Nato a Cerro Tanaro il 18 novembre 1922 Giovanni Ferro nel 1942 venne chiamato alla Armi nel terzo Battaglione Mortai, Divisione Ravenna e partì per la Campagna Italiana di Russia. Fece rientro in patria ma, dopo l’armistizio, venne catturato dai tedeschi a Reggio Emilia e destinato ad essere internato in un campo di concentramento, dove rimase fino alla fine della guerra. Il 5 dicembre 1963 è stato insignito della Croce al Merito di Guerra.

 RINALDO GIACOSA

Rinaldo Giacosa, classe 1917, dopo l’armistizio venne fatto prigioniero e internato in un lager a 20 chilometri da Norimberga, destinato a lavorare in una fabbrica di materiale elettrico. Le condizioni di vita nel campo erano molto dure. Il cibo era una brodaglia a base di rape e un pezzetto di pane nero. Rinaldo soffrì a tal punto la fame, da sognare il pastone che sua madre dava alle galline. E raccontava che, tornando alle baracche dopo il turno di lavoro, i prigionieri erano talmente affamati che si cibavano di qualunque cosa trovassero per strada, lumache comprese.

 PALMINO GIARETTO

Palmino Giaretto, classe 1919, si arruolò nel 1940 nel III° Rgt. Alpini bgt. Fenestrelle. Dopo l’armistizio, l’11 settembre 1943 venne catturato mentre si trovava con i suoi commilitoni in Francia a Valence. Subì l’internamento in Germania nel Campo XII F Forbak, dove rimase per quasi due anni, fino alla liberazione.

 MARIO GRANDE

Mario Grande nacque a Canelli nel 1922. Internato militare, fu prigioniero a Velsen in Germania e destinato a lavorare nelle miniere di carbone. Trascorsi 14 mesi venne trasferito a Sankt Wendel per lavorare al ripristino di binari ferroviari e massicciate pesantemente danneggiati dai bombardamenti alleati. Lì le condizioni di lavoro erano devastanti: gli internati lavoravano duramente patendo il caldo soffocante in estate e il gelo in inverno, sempre incalzati dagli aguzzini tedeschi che infierivano sui prigionieri, prevedendo l’imminente fine della guerra.

 GIUSEPPE LAZZARINO

Giuseppe Lazzarino detto “Gep”, classe 1908, sul finire del 1942 venne richiamato alle armi. Catturato nel settembre 1943, venne internato nel campo “Hammerstein” Stalag 2B (Pomerania) dove rimase per due anni. Alla fine della guerra fece rientro in patria, ma in condizioni di salute estremamente precarie. Il figlio racconta che Gep riuscì a sopravvivere solo grazie all’aiuto dei compagni di sventura, con i quali mantenne contatti per lungo tempo, al poco cibo fornito in segreto dai contadini locali e alla speranza di rivedere i familiari più cari, fra i quali il figlioletto che, quando tornò, aveva già compiuto quattro anni. Innumerevoli suoi racconti hanno contribuito a mantenere vivo il ricordo di quanto può essere vicina la morte, dura la sofferenza, indicibile la follia umana. Le esperienze più disumane sono state seppellite con lui. Nessuno si salva da solo, nessuno ringrazierà mai abbastanza per il dono della Pace.

RICCARDO MASOERO

Riccardo Masoero nacque nel 1921 a Castagnole Lanze e lì visse con i genitori e 7 fratelli. Durante la guerra venne fatto prigioniero in Grecia e deportato in Germania nel campo di lavoro di Mauthausen. Al termine del conflitto riuscì a fare rientro in patria e a riprendere la vita contadina. Si sposò con Adolfina Boido ed ebbe quattro figli, che lo ricordano come padre severo, ma allo stesso tempo affettuoso e capace di trasmettere loro i valori della lealtà, della tenacia e del rispetto. Venne a mancare improvvisamente nel 1984, all’età di 62 anni.

GIUSEPPE MUSSINO

Giuseppe Mussino, classe 1923, militare in Montenegro, fece parte della formazione partigiana “Garibaldi” in Jugoslavia dal 9 settembre 1943 al 29 marzo 1944. Catturato dalle truppe tedesche ed internato in Jugoslavia, riuscì a fuggire nell’aprile del 1944, facendo rientro in Italia.

GIULIO RESTA

Giulio Resta nacque a Vinchio il 31 gennaio 1913. L’inizio della Seconda guerra mondiale lo trovò in forza al terzo Reggimento alpini, specialità nella quale continuò a prestare servizio fino a quando, a causa dei noti eventi armistiziali, fu catturato dai tedeschi e internato prima in Francia e poi in Germania. Finita la guerra tornò a casa in condizioni di salute così precarie che non fu nemmeno riconosciuto dai familiari i quali, avendolo creduto già morto, ne avevano già appeso al muro un grande ritratto. Fu sempre restio a parlare del periodo di prigionia e tornò al suo lavoro di contadino mancando prematuramente: verosimilmente i tanti patimenti avevano minato irrimediabilmente il suo fisico.

INNOCENTE RENON

Innocente Renon nacque a Gosaldo, in provincia di Belluno, il 16 marzo 1911. Condivise il triste destino di moltissimi altri militari italiani che nel durissimo teatro di guerra balcanico, privi di ordini e di guida, furono presi prigionieri dai tedeschi in seguito all’Armistizio. Finì internato nello Stalag VIII-B di Lamsdorf, in Slesia, ove le condizioni dei prigionieri furono durissime anche alla luce del loro impiego coatto, in condizioni disumane, nella vicina acciaieria. Ritornato dalla prigionia, avvertì il dovere di dedicarsi alla vita politica nella comunità ove viveva, testimonianza del fatto che gli orrori patiti non avevano vinto il suo senso di Patria. Come molti altri internati, venne a mancare ai suoi cari prematuramente, facilmente a causa dei patimenti subìti.

CARLO SARACCO

Carlo Saracco nacque a Canelli nel 1923. Fu catturato e condotto in Germania, prima nel campo di Mettmann e poi a Buchenwald, dove trascorse ventidue mesi a lavorare nelle miniere di carbone, scavando dodici ore al giorno. Oltre alle altre sofferenze, Carlo aveva molto patito il freddo, dato che i prigionieri erano vestiti con pochi stracci e indossavano scarpe malconce. Dopo quella drammatica esperienza, Carlo non trascorse un solo giorno senza ripensare a quel periodo terribile.

FEDERICO SCAGLIOLA

Federico Scagliola, classe 1921, combatté sul fronte francese e montenegrino. Dopo l’8 settembre venne catturato e condotto con i treni della morte ad Essen, sul confine olandese. Lavorò nei campi e nelle fabbriche della Krupp & Tyssen. Quando gli angloamericani bombardarono le acciaierie, i tedeschi le spostarono ad Auschwitz e con esse i prigionieri. Nella primavera del ‘45 vi fu la marcia della morte, un’interminabile fila di derelitti condotti verso i boschi per essere eliminati senza lasciare traccia. Quando gli americani cominciarono a bombardare, Federico si salvò dalla carneficina nascondendosi in un tombino per l’irrigazione.

BATTISTA SCAGLIONE

Battista Scaglione nacque a Canelli nel 1926. Richiamato al distretto, preferì entrare nella Resistenza. Dopo sei mesi, venne catturato e condotto nel Lager di Gendorf, sottocampo di Dachau. Non sopportando le angherie del comandante del campo si ribellò e venne condannato alla flagellazione con nerbo di bue. Alla decima fustigata oppose resistenza e fermò la mano del comandante, che lo fece trasferire nel lager di punizione di Ober Salisberg, dove lavorò agli scavi per spostare le fabbriche belliche e le rampe di lancio dei primi missili militari V1 e V2 nelle viscere delle montagne.

MARIO TEALDO

Mario Tealdo nacque a Vesime nel 1913. Dopo l’8 settembre venne arrestato dai tedeschi e condotto a Hildesheim (Hannover). Nel marzo del 1945 i prigionieri furono costretti a liberare la città dalle macerie, estrarre i morti e soccorrere i feriti. Il gruppo di Mario era costituito da 150 persone: schiavi affamati che, quando trovarono sotto le macerie delle scatolette di formaggio, si sfamarono e ne misero qualcuna in tasca, senza pensare alle conseguenze di quel gesto. Nelle baracche le S.S. se ne accorsero: predisposero quattro forche e li impiccarono tutti.

FRANCESCO TERZOLO

Nato a Parigi nel 1925, nel febbraio ’43 Francesco Terzolo fu arruolato nell’Arma dei Carabinieri. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, per evitare di collaborare con i nazifascisti, entrò nelle formazioni partigiane attive nelle Langhe. Quando poteva, Francesco faceva visita a mamma e sorelle, portando un po’ di cibo, ma la delazione di un vicino lo fece arrestare dai tedeschi. Incarcerato alle “Nuove” di Torino, fu trasferito subito dopo nel sottocampo di Ebensee, a 100 chilometri da Mauthausen. Con la famiglia non ha mai voluto parlare delle torture subìte durante il periodo di detenzione.

DOMENICO TIBALDI

Il Caporal Maggiore Domenico Tibaldi, classe 1915, fece parte del secondo Genio Telegrafisti e nel 1941 partecipò alle operazioni di guerra alla frontiera greco/albanese/jugoslava. Dopo l’Armistizio fu catturato e fatto prigioniero a Tirana in Albania, prima di essere internato in Germania a Bad Sulza nel lager IX-C, dove fu impiegato come autista fino alla liberazione del 1945.

(Fotoservizio Ago)

 

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