Con lui altri tre volontari
Destinazione Senegal. Obiettivo: consegnare un’ambulanza all’ospedale della città di Saint Louis e un minibus per il trasporto di bambini alla scuola delle suore di Cluny. L’ultima missione umanitaria di Pierluigi Bertola, medico cardiologo canellese e presidente del Cis (Cooperazione internazionale sanitaria), approda ancora una volta nei paesi più poveri dell’Africa. Superando, anche, le barriere create dalle guerre, conflitti tra tribù, leggi e restrizioni doganali in nome della solidarietà.
Il racconto di Pierluigi Bertola, appena rientrato dal viaggio, come sempre è un caleidoscopio di emozioni. «Siamo partiti da Genova imbarcando un’ambulanza donataci dalla Asava di Alba e un minibus che ci è stato regalato dall’autonoleggio Giovanni Cordero di Priocca – attacca il cardiologo -. Oltre al sottoscritto c’erano mio cognato Vittorio Baudino, mio fratello Gian Carlo e David Francescatti, un amico ingegnere che lavora da anni in Germania. Dopo due giorni di navigazione sbarchiamo a Tangeri, in Marocco». E qui inizia un calvario che accompagnerà il quartetto per i quindici giorni di permanenza nel continente. La dogana marocchina ci mette lo zampino: la spedizione rimane bloccata tre giorni, è sabato e gli uffici riaprono solo il lunedì. Il lunedì altra attesa, sino alle 17 quando un solerte funzionario li avverte che occorre pagare 9 mila euro per lo sdoganamento.
Numerosi problemi alle dogane
«Eravamo distrutti – ricorda Bertola -. Alle 20, i doganieri viste, forse, le nostre condizioni e le tante pedine che abbiamo tentato di smuovere, dai ministeri alle ambasciate, ci consegnano ambulanza e bus senza pagare un euro!». La sosta per la notte è d’obbligo. Il mattino successivo altra sorpresa: l’autista che avevamo assoldato per condurre il van sino alla frontiera decide di dileguarsi con una parte del compenso pattuito. «A rischio di essere incarcerato (per condurre mezzi che non siano ambulanze è necessaria la patente locale) Vittorio, di malavoglia, si mette alla guida». L’ardire viene premiato. Pierluigi Bertola contatta Fatima, un’infermiera marocchina che lavora in Italia il cui padre risiede nel Paese che riuscirà a trovare un nuovo autista. «Veniamo a sapere che grazie alle aderenze del padre in dogana a Tangeri ci sono stati restituiti i mezzi. Non la ringrazierò mai abbastanza». Si arriva in Mauritania, il percorso è agevole nonostante il rischio sequestri. «Alla missione cattolica di Nouadhibou lasciamo materiale medico regalatomi dalla compianta signora Bonini di Nizza e gli utilissimi occhiali usati forniti dalla signora Orietta di Canelli». Il Senegal è a pochi chilometri, raggiunto il giorno successivo.
La consegna dell’ambulanza all’ospedale di Saint Louis
Ma il diavolo ci mette ancora lo zampino. Racconta Pierluigi Bertola: «Alla dogana di Diema non vogliono lasciarci entrare se prima non paghiamo 2500 euro per ogni mezzo. Dopo infinite rimostranze, i doganieri stranamente si trattengono solo il pulmino». Stanchi e delusi i quattro avventurosi volontari arrivano alla missione. Il giorno seguente, dopo aver consegnato l’ambulanza all’ospedale «salutati da mille ringraziamenti» si cerca di sbloccare il torpedone fermo in dogana.
Ma il furgone viene “trattenuto” dalle autorità
Qui i fatti accaduti rasentano il surreale. «Suor Celestine mi dice di aspettare a pagare. Mi accompagna in diversi uffici doganali a Saint Louis sin quando incontriamo il colonnello Amidou Ndiaye, simpatico e serio ispettore principale delle Dogane e amico del ministro, che ci consiglia assolutamente di non pagare. Anzi, vuole conoscere il nome del militare che mi ha detto di versare la cifra e mi promette che nel giro di una settimana, dopo aver parlato col ministro, il minibus sarà sbloccato senza spendere un euro». E così sarà.
«Il ricordo più bello? Il sorriso dei bambini»
Il tempo del ritorno è arrivato, non prima di aver visitato un centro di cardiochirurgia infantile a Dakar, dove effettuano interventi su malformazioni congenite a bambini sino agli 8 anni di età. «Ho firmato una collaborazione con l’ospedale e la mia onlus Cis per poter finalmente fare operare questi bambini lì sul posto, in Senegal, con ovvi vantaggi per tutti, inclusi quelli economici. Insomma, anche stavolta un lieto fine. Il ricordo più bello? IL sorriso dei bambini: non hanno nulla ma non perdono mail l’allegria e il sorriso».