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Artista o tecnico? Il difficile lavoro del videomaker
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Artista o tecnico? Il difficile lavoro del videomaker

L'aspetto in cui forse la società degli ultimi 15?20 anni è più profondamente mutata è quello della comunicazione. Commerciale, culturale, informativa o di qualunque natura essa sia, si è

L'aspetto in cui forse la società degli ultimi 15?20 anni è più profondamente mutata è quello della comunicazione. Commerciale, culturale, informativa o di qualunque natura essa sia, si è sviluppata seguendo le stesse linee dei cambiamenti comportamentali e di abitudini del consumatore medio, e non solo. L'immagine, ad esempio, è divenuta il punto focale del sistema comunicativo. Gli occhi prima di tutto. Poi il contenuto. Sulla scorta di questa evoluzione epocale, e con l'aiuto imprescindibile della tecnologia, fotografia e video sono assurti ad ambito creativo e lavorativo alla portata di tutti. Oppure no? Qual è il confine che intercorre tra arte, amatorialità e professionismo? Rimandata ad un'altra sede la discussione sull'ambito fotografico e lungi dal voler proporre un Bignami di sociologia spicciola sull'argomento, abbiamo provato a porre alcune domande a chi il "videomaker" (per dirla all'inglese) lo fa di mestiere: Paolo Gonella e Luca Pozzi.

Due astigiani, due addetti ai lavori che, a titolo di esempio (non esaustivo) e operando da alcuni anni nel settore, possono offrire al lettore uno spaccato di questa realtà così articolata e complessa per i profani. La prima domanda che ci siamo posti è se e quanto sia cresciuta la richiesta di video negli ultimi anni. Sicuramente è aumentata, «soprattutto con lo sviluppo di internet – afferma Gonella -? che ha offerto diverse piattaforme alternative alla classica tv sulle quali diffondere i contenuti multimediali, colmando quella distanza che c'era sempre stata fra domanda e offerta. Anche la diffusione della "tecnologia per tutti" ha contribuito a questo trend, con un rovescio della medaglia però: non sempre il concetto di "facilità" combacia con quello di "qualità", e non a caso esistono videomaker professionisti». «Credo sia il concetto stesso di immagine ad aver cambiato la tendenza ? dice Pozzi ? C'è sempre più l'esigenza di sviluppare contenuti in breve tempo ed essere immediati. Questo contribuisce all'aumento della domanda».

Ma chi si rivolge ai videomaker per avere un video? «Personalmente lavoro molto per privati e aziende -? confida Pozzi -? Nel mio caso, al momento, è difficile dedicare tempo a progetti di taglio artistico, affascinanti ma poco remunerativi». «Tra i lavori commissionati ? dice invece Gonella ? mi occupo un po' di tutto, dai videoclip musicali agli spot o ai promo per eventi (privati o pubblici) o ai minidocumentari». Come si diventa videomaker? «Io ho frequentato la scuola di cinema a Genova e poi un seminario di scrittura creativa e sceneggiatura organizzato dallo IED di Milano con Soldini e Battiston -? dice Gonella -? Poi tecnicamente molte cose si imparano sul campo, cerco quindi di aggiornarmi di continuo su testi americani in lingua originale che trattino aspetti specifici come la sceneggiatura o il montaggio, ad esempio».

Quello dello studio è un aspetto fondamentale, afferma infatti Pozzi: «Ho frequentato la scuola di cinema di Bologna, studiato in California alla UCLA e frequentato diversi corsi professionali a Verona e in altre città: non si smette mai di studiare, ma neanche di apprendere sul campo perchè se è vero che senza pratica non si impara è altrettanto vero che la tecnologia avanza a passi da gigante e bisogna sempre starle dietro». Entrambi poi, per rispondere alla domanda se il videomaking sia un mestiere o un hobby, ci dicono senza tentennamenti che è un lavoro a tutti gli effetti che affrontano come liberi professionisti. Ma è meglio lavorare da soli o tramite agenzia? Le opinioni variano: «Noi siamo un collettivo (Officine Kaplan ? ndr) che lavora insieme su certi progetti e indipendentemente su altri -? confida Gonella -? Per "vivere" è meglio lavorare in un'agenzia perchè garantisce una maggiore stabilità economica. Lavorare in proprio ? continua ? è più complicato: si deve badare a più aspetti, dal cercare il lavoro al farlo e poi consegnarlo. Certo è che lavorare da solo permette di spaziare in ambiti differenti e imparare a specializzarsi sempre di più, cavandosela con le proprie forze in tutto il processo "produttivo"».

«Più un'azienda è grande più lavori vengono commissionati ?- afferma Pozzi ?- Io lavoro in proprio ma collaboro con due studi, uno di San Damiano d'Asti e uno di Alba. In un mestiere come questo, spesso condizionato dalle stagioni, il lavoro può aumentare se si fa rete». Pozzi ci confida anche che al momento sta lavorando molto in ambito commerciale, specificamente per aziende vitivinicole; Gonella, oltre a questo, è impegnato in un paio di lavori dal taglio maggiormente artistico: un documentario a Milano e un progetto con un regista astigiano. Ma i videomaker indipendenti pensano al cinema? Lo vedono come una meta da raggiungere oppure hanno in mente altro? Le opinioni divergono.

Luca Pozzi ha già lavorato per il grande schermo come operatore e montatore in due produzioni indipendenti: "Native" (vincitore di tre Globi d'oro) e "Midway" (tra le sette pellicole italiane candidate a rappresentare l'Italia agli Oscar lo scorso anno). «Tuttavia – confessa ?- l'ambito cinematografico non è quello cui aspiro». Paolo Gonella, dal canto suo, mira a lavorare in più direzioni possibili per capire davvero quale strada seguire per il futuro. «Il mio sogno -? conclude -? è sicuramente quello di fare un film, scritto e diretto da me». Giovani capaci, di talento e ambiziosi. Videomaker, insomma, non ci si può certo improvvisare.

Luca Garrone

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