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Piemonte ultimo nella lotta alla flavescenza
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Piemonte ultimo nella lotta alla flavescenza

Che la flavescenza dorata non fosse un argomento proprio natalizio era abbastanza ovvio. Nonostante questo ci sono stati nei giorni scorsi alcuni incontri sul tema molto partecipati e che hanno

Che la flavescenza dorata non fosse un argomento proprio natalizio era abbastanza ovvio. Nonostante questo ci sono stati nei giorni scorsi alcuni incontri sul tema molto partecipati e che hanno lasciato qualche eco tra gli agricoltori. Con qualche dubbio sulle attuali modalità di lotta e sulle attività della Regione Piemonte. Si è infatti tenuto a inizio dicembre un interessante incontro a Calosso dove SipcamItalia e la rivista l'Informatore Agrario hanno raccolto presso il centro Vi.ten di Bionzo a Calosso in una tavola rotonda sul tema della flavescenza dorata esperti di settore e agricoltori.

Durante l'incontro è emerso che in Piemonte sembra non essere obbligatorio estirpare le viti malate o espiantare le vigne colpite da FD mentre sembra essere solo obbligatorio togliere i tralci che manifestano la malattia. In Piemonte dovremmo quindi imparare a convivere con la malattia, il che porterebbe a dover continuare a trattare due tre volte contro lo Scaphoideus. Il tutto senza aver ad oggi partecipato, come altre Regioni, al monitoraggio di Agroscope. Qualche critica dagli agricoltori anche all'operato dell'Assessorato Regionale all'Agricoltura. «Ora è da tre mesi – hanno infatti affermato alcuni presenti – che come progetti pilota aspettiamo un incontro con il nuovo assessore Giorgio Ferrero. Ad oggi non abbiamo ancora notizie e pare che non sia più molto d'accordo a proseguire questa strada nei monitoraggi». L'impegno è continuare a segnalare gli incolti al confine, estirpi a viti con sintomi ed effettuare monitoraggi accurati.

«Sono anni che combattiamo contro questa malattia – è intervenuto a margine il consigliere regionale astigiano Angela Motta – che colpisce la vite che è provocata da un fitoplasma, un microrganismo simile a un batterio, che vive nei vasi floematici della pianta ospite oppure all'interno dell'insetto che trasmette la malattia da vite a vite, lo Scaphoideus titanus. Di questo insetto conosciamo ormai tutto e non riusciamo a debellarlo. Forse oltre ai sistemi di lotta obbligatoria dovremmo orientare la ricerca sulle vite, sulla pianta e cercare una sperimentazione con piante che non vengono attaccate dalla malattia, capire il perché e provare degli innesti immuni. Forse solo così potremmo finalmente vincere quella che sta diventando una piaga e che rischia di ridurre sensibilmente produzione e qualità delle uve». Qualche perplessità ha lasciato tra i vignaioli anche l'affermazione del professor Alma dell'Università di Torino.

«Un'altra strada – ha infatti affermato il professore – potrebbe essere quella di utilizzare varietà resistenti come Nebbiolo». Indicazione che ovviamente non poteva trovare grandi consensi tra agricoltori che coltivano soprattutto Barbera o Dolcetto. Raccogliendo le impressioni all'uscita le facce non erano proprio soddisfatte forse anche per il senso di impotenza che la malattia provoca nei vignaioli che si sentono indifesi e non tutelati. «Siamo stati radunati qui da una società – han detto alcuni – che ci ospita ma che non vuole venderci nulla. Ne prendiamo atto ma in Piemonte siamo scoordinati siamo gli ultimi in Italia nella lotta alla FD. C'è chi questa sera ha detto che la strategia del Piemonte è quella di convivere con la malattia. Come facciamo ad accettare l'idea che gli estirpi coatti siano difficili da fare perché i vigneti sono tutti in collina?».

Ludovico Pavese

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