L’appello degli operatori sanitari, che hanno già ricevuto l’avviso del licenziamento collettivo, è ancora più forte: «Dobbiamo fare tutto il possibile per mantenere aperta la casa di riposo – dice Katia Coscioni che ci lavora da 8 anni – non credo che i villafranchesi non saranno disposti a dare una mano».
All’incontro pubblico erano presenti anche i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil.
«Se vogliamo fare qualcosa perché non si ripeta l’esperienza del Maina ci vuole più tempo – ha detto Luca Quagliotti, segretario generale della Camera del Lavoro di Asti – le soluzioni, se c’è la volontà politica, si possono trovare. Sappiamo che la gestione ordinaria della Santanera non è in perdita. Se il problema è il debito con la cooperativa Kcs si può programmare un piano di rientro garantito da Fin-Piemonte, come era già stato fatto al Maina. Ma è indispensabile che il commissario conceda il tempo perché queste soluzioni si possano attuare».
Anche Armando Dagna segretario Uil e Alessandro Delfino della Cisl si uniscono alla richiesta di tempo: «In una regione che invecchia, e la provincia di Asti è quella che invecchia di più – dicono i sindacalisti – è impensabile continuare con una politica di chiusura delle case di riposo, soprattutto quando la possibilità di tenerle aperte è a portata di mano».
La Storia: oltre 100 anni di attività
Fondata nel 1902 con lascito testamentario per volontà di Venanzio Santanera, medico del paese, con il mandato di dare “ricovero ai vecchi poveri e inabili al lavoro”, la casa di riposo di Villafranca ha svolto ininterrottamente la sua attività dal 1905 fino ad oggi.
Diventata Ente morale nel 1910, è stata condotta fino al 1994 da alcune suore e personale laico senza specifica formazione socio-sanitaria. Successivamente è entrata nel piano regionale sanitario con alcuni posti convenzionati (10 su 40). Gli ospiti attualmente ricoverati sono 39, quasi l’intera capienza. Il personale in servizio è formato da 18 operatori. La casa di riposo aveva anche un piano di ampliamento, sfruttando un caseggiato adiacente di proprietà, per portare il numero di posti letto da 40 ad 80. Il progetto si è però arenato di fronte alla situazione finanziaria che non permette oggi di mettere in campo ulteriori investimenti.